Stile e Società

Le pari opportunità dei sessi e delle etnie tra le viti e le botti

Non è una notizia fresca, è dell’altro giorno, però, meditandoci, ritengo sia stata sottovalutata. Il “Collis Group” è vincitore del bando nazionale per l’area agricoltura promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’Unar, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, ed ha presentato a Vinitaly il primo Progetto nazionale per lo studio delle discriminazioni nel settore vitivinicolo. Pare poco?

Una come me, che fin da piccolissima ha sempre rivendicato la propria specialità intrinseca contro ogni sessismo, ancora prima delle lotte femministe e poi in “alternativa” ad esse, intervenendo anche in sedi istituzionali per ribadire che noi donne non possiamo accettare il termine “riconoscimento della parità” non essendo scritto da nessuna parte che spetta all’uomo “riconoscere” a noi di esser pari a lui, favorendo piuttosto una parità di diritti/doveri e opportunità di entrambi i sessi nel lavoro professionale e in quello casalingo, non poteva non riflettere sull’evento.
 
In tale caso, tuttavia, non si parla esclusivamente di “gender” e sappiamo che le donne stanno occupando posti di rilievo sia da imprenditrici del vino sia da enologhe e sommelier, il Consorzio in questione ha voluto proporre uno studio sulla presenza nel mondo vitivinicolo delle discriminazioni anche riguardo a età, etnia, cultura.

Il progetto fa parte di un bando nazionale che ha selezionato cinque differenti ambiti produttivi e Collis Veneto Wine Group è stato scelto per il settore dell’agroindustria. Sono coinvolte non solo le cantine fondatrici di Collis Veneto Wine Group (Colognola ai Colli e dei Colli Berici), ma pure le partecipate del Gruppo (Cantine Riondo, Casa vinicola Sartori e Cielo e Terra), in totale circa 350 lavoratori, tra stabili e stagionali.
Lo scopo dello studio è di individuare ogni tipo di discriminazione in ciascuna area di produzione e gestione della filiera vitivinicola.

Qui è il problema maggiore, a mio modo di vedere. Non sono tanto le aziende vitivinicole a porre limiti, vincoli e discriminazioni, quanto la burocrazia.
Non molti anni fa, nel secolo scorso comunque, studenti liceali e universitari, gruppi di amici di famiglia dei vignaioli, disoccupati, cassaintegrati, pensionati, gente di passaggio, tra cui innumerevoli immigrati anche clandestini, partecipavano alle vendemmie retribuiti in qualche modo. La nuova rigida normativa sul lavoro ha impedito a tutto questo popolo di bisognosi di ricevere compensi imponendo alle aziende un contratto di assunzione con tanto di registrazione a fini fiscali.

A diverse aziende agricole si rivolgono gli extracomunitari, molti di loro vengono assunti a tempo determinato e alcune ditte hanno persino modificato i turni di lavoro per favorire i credenti di fede mussulmana.

Ora staremo a vedere cosa emergerà dall’indagine.
La seconda fase del progetto prevede una fase di formazione, che – stante al Progetto – si baserà sugli eventuali punti emersi dall’analisi delle criticità. Secondo l’obiettivo, lo scopo è di far acquisire ai lavoratori e alle figure di responsabilità le buone pratiche di prevenzione, di gestione dei conflitti e di acquisizione di capacità per rendere le diversità una risorsa positiva.

Maura Sacher
m.sacher@egnews.it


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