C’era una volta un povero e un ricco … nell’accentuato divario sempre esistito, dal mendicante al re, dalla cicala alla formica, rispecchiando la categoria degli opposti: bene-male, bello-brutto, buono-cattivo.
C’erano una volta fratelli e sorelle uno in miseria e l’altro abbiente ed egoista, genitori o vedovi/vedove che perduto il lavoro non riuscivano a sfamare i figli, bambini abbandonati alla loro mercé (come Pollicino e i suoi fratelli). C’era una volta un mendicante che tendeva la mano ai passanti o rovistava nei rifiuti …
C’era una volta una Piccola Fiammiferaia che crollò in strada per il freddo e la fame.
La psico-sociologia dice che, nel loro dispiegarsi, le fiabe offrono ai bambini la possibilità di esteriorizzare quanto avviene nella loro mente in termini emotivi, proiettando le loro emozioni nei diversi personaggi della vicenda, ossia nei buoni la proiezione dei bisogni di protezione, in quelli cattivi i desideri aggressivi e distruttivi. Tale processo li aiuta a mettere ordine nei confusi sentimenti interiori. Negli ultimi decenni si è diffusa una corrente pedagogica critica verso la “crudezza” di certi scenari, biasimando la crudeltà che traspare e potrebbe traumatizzare i poveri nostri figlioli, e ha preso avvio una corrente trasformativa delle vecchie favole in qualcosa di diverso, edulcorando le parti più raccapriccianti e addirittura alterando le conclusioni ove tragiche. Cosicché, cancellando la realtà di un tempo, si sono poste le premesse per negare quella odierna.
Ma oggi non si può fingere che il passato sia mai esistito, e nemmeno si può fingere non possa esiste un presente simile a quello del “c’era una volta” in tante città del mondo odierno.
In questo momento di tragica crisi finanziaria molte delle situazioni raccontate dalla vecchie favole si stanno verificando come tangibili. Come non spiegare ai nostri ragazzi la realtà che si sta vivendo? Con che coraggio li preserviamo dal lupo che divora la nonna di Cappuccetto Rosso, dalla strega che vuole mettere nel forno Hänsel e Gretel, quando c’è tanta disperazione e miseria intorno? Ci sono uomini che persino scippano le pizze ad un signore che se le stava portando a casa, scusandosi con lo scippato perché aveva figli da sfamare …
Una ventina d’anni fa era comune dire ai figli quando disdegnavano la minestra nel piatto: “pensa ai bambini del Biafra che muoiono di fame”, ora rischiano la fame tanti bambini e adulti nostri vicini di casa!
Le favole non sempre finivano bene, ma c’era da trovarvi una morale, una valenza educativa su cui improntare condotte e stili di vita. Noi adulti dovremmo aver imparato qualcosa dalla storia, quindi non perdiamo la speranza, prima o poi se ne viene fuori, facendo piccoli passi. Rimbocchiamoci le maniche e non aspettiamo che l’aiuto piova dal Cielo! Non dimentichiamo che siamo noi individualmente, noi pochi o tanti che non abbiamo motivi per soccombere alla recessione, a poter salvare l’intero Paese. Non rintaniamoci nel nostro conto corrente bancario!
La miseria non è una favola, è la costante realtà di tutte le epoche.
Non basta che parlamentari e consiglieri regionali si riducano lo stipendio, con un loro stipendio mensile una famiglia può vivere un anno intero! Quel sovrappiù dovrebbe andare in una cassa speciale destinata alle famiglie in difficoltà, un mese contro un anno, per sempre, che bel finale!
Maura Sacher
m.sacher@egnews.it
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