Sia chi invita sia chi è invitato ha su di sé la responsabilità di creare l’«atmosfera», quel clima confortevole nell’ambiente in cui si svolge il ritrovo. In attesa di sedersi a tavola i convitati hanno il tempo di conoscersi, scambiarsi i convenienti saluti, mettersi a proprio agio e i padroni di casa cureranno tutto ciò in modo accogliente.
Sembra quasi fuori luogo parlare di regole della convivialità in un tempo in cui tutti si rintanano a casa propria evitando le spese di un invito, e anche per rispetto a tutte quelle famiglie che non riescono a comperare il pane e il latte per i figli, però io penso ai tempi di guerra in cui si organizzavano feste e balli, forse anche perché stare in compagnia confortava lo spirito, e ci si divertiva con poco. Invitando persone in casa si esibiva sempre il servizio migliore in tovaglia, piatti, bicchieri, posate. Oggi si può fare altrettanto.
La riuscita di una conviviale, oltre dalla qualità di cibo offerto e dal curato allestimento della tavola, è data anche dall’armonia che viene a crearsi tra gli ospiti, dopo le dovute presentazioni qualora alcuni degli invitati siano sconosciuti agli altri.
Più la riunione è amichevole meno saranno formali le formule introduttive di presentazione e in modo assoluto si eviteranno i titoli di qualsiasi genere, preferendo il nome di battesimo delle persone. Eventualmente potremmo noi stessi, salutando, aggiungere il nostro cognome, e mai il cognome da solo. Tantomeno saluteremo con un “salve” o “ciao” senza dichiarare le nostre generalità. La psicologia del comportamento spiega che se uno ha difficoltà a enunciare il proprio nome deve avere qualche problema nella stima di sé.
È assodato che gli ospiti si amalgamano meglio con altri ospiti con cui hanno delle affinità, pertanto i padroni di casa, mentre procedono con le presentazioni, avviano anche le basi per la futura conversazione, mettendo di ognuno in risalto (senza sfoggio) un particolare aspetto dell’attività professionale, cercando quanto possa essere attinente agli interessi comuni. Altrimenti è meglio che ognuno scopra dell’altro quello che l’altro vuole far scoprire, nel corso della conversazione a tavola o nel dopocena.
Raccomandazione per i padroni di casa: evitare di invitare gente che possa avere dei motivi di risentimento l’uno verso l’altro. L’atmosfera verrebbe sicuramente rovinata in modo irreparabile se si dovessero ritrovare fianco a fianco vecchi rivali in amore, colleghi di vari gradi dello stesso ufficio, sindacalisti e dirigenti della medesima azienda, esponenti politici di opposta corrente, amiche da poco litigate, e qualunque altra persona che possa covare motivi di rancore o animosità. La lingua e le intemperanze devono stare a freno, si violerebbe la sacralità dell’ospitalità.
Prima di sedersi a tavola l’atmosfera generale può essere favorita da un aperitivo, che prosaicamente avrebbe la funzione chimica di stimolare i succhi gastrici e quindi di aprire la via del tubo digerente, nel Cinquecento si diceva, appunto, «apritivo». Anni addietro, io avevo imparato a preparare dei sofisticati aperitivi, ma col tempo le abitudini sono cambiate, sicché gradito a tutti è un calice di vino bianco o un frizzantino.
Anche una blanda musica di sottofondo contribuisce ad una buona disposizione d’animo.
Assolutamente da evitare la tv accesa.
donna Maura
m.sacher@egnews.it
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