La parola ai produttori

L’Alto Adige di Tenuta Ritterhoff

I vini dell’Alto Adige sono tra i più apprezzati del paese, specialmente dai cultori dei bianchi per i quali rappresentano un vero riferimento, ma anche da molti viticoltori distribuiti lungo lo stivale che li prendono a modello.

Tra le produzioni di qualità sicuramente si colloca quella della Tenuta  Ritterhoff, distribuita sui territori più vocati della regione quali il Lago di Caldaro, zona di produzione del Kalterersee o Caldaro, rosso leggero ottenuto dal vitigno Schiava. Vino particolarmente apprezzato dagli appassionati più “avanti”,  a  dimostrazione che i bianchi non sono l’unica prerogativa Altoatesina.

Poi la zona di Termeno patria indiscussa del Gewürztraminer, che ha raggiunto il massimo della sua popolarità una decina di anni fa e che qui, grazie ai suoli calcarei e argillosi, riesce ad esprimere il massimo della sua tipica carica aromatica e speziata.

Il territorio di Cortaccia, con i vigneti adagiati tra i 200 e i 900 m che assicurano escursioni termiche importanti per il bouquet aromatico dei vini, arricchiti in struttura grazie ai suoli misti di ghiaia, sabbia e argilla. Produzione che si estende nella Bassa Atesina con estensione vitata tra i 400 e i 1000 metri di altitudine e terreno sabbioso, ricco di argilla e ciottoli, che regala grandi Pinot Nero.

Sempre nella Bassa Atesina si trova Ora, dove a 240 metri slm trova le condizioni ideali il Lagrein, autoctono che guadagna sempre più consensi tra gli estimatori  e che qui ha trovato l’habitat ideale per produrre un grande vino, ma che si esprime al meglio anche intorno a Bolzano tra l’Adige e l’Isarco. Quest’ultima zona è di grande qualità per la produzione di Vini quali Schiava, Cabernet, Merlot, Pinot Bianco e Sauvignon.

Una natura straordinaria quella a disposizione dell’Azienda Ritterhoff e che questa, limitandosi ad interpretarne i ritmi, pone come fattore principale per ottenere vini di alta qualità senza ricorrere a giochi di prestigio in cantina. L’Azienda si avvale di un gruppo di affiatati collaboratori, sia in vigna che durante la vinificazione e per tutti gli altri aspetti della produzione.

Collaborazioni di lunga durata con cui condividere quest’esperienza e che con il tempo, hanno sviluppato uno spirito di appartenenza che si riflette nella personalità dei vini. Ludwig Kaneppele con sua moglie Karin Roner delle omonime distillerie, dirige l’azienda. Con lui abbiamo il piacere di scambiare qualche battuta sul mondo del vino.

E: Colpisce molto sul vostro sito la definizione “vino di carattere”, con cui l’Azienda sembra voler mettere l’accento per veicolare gli aspetti fondamentali delle sue produzioni. Quindi cosa intende esattamente Ritterhof per vino di carattere?

L: Attraverso la definizione “vino di carattere” vogliamo trasmettere come le persone coinvolte nella produzione dei vini insieme all’elemento “natura”, imprimano al vino quelle caratteristiche che rendano riconoscibili nella bottiglia le radici della cantina e, come questa sia un tutt’uno con il territorio.

E: Come sottolineato tra le pagine del sito e giustamente, “il vino nasce in vigna” ed è una grande verità indiscussa. A questo proposito quali sono i punti fermi, le linee guida secondo le quali si sviluppa la conduzione dei vigneti per le produzioni Ritterhof?

L: Il passo fondamentale è piantare il vitigno giusto nel posto giusto. Ovvero interpretare le caratteristiche  di terroir e microclima  per individuare il vitigno che con esse possa esprimersi al meglio, perché ogni vitigno ha bisogno dei suoi particolari terroir e microclima. Pertanto, prima di pianificare un nuovo impianto, la cosa più importante è analizzare correttamente la posizione e selezionare la varietà giusta.

E: Lei rivendica con orgoglio la sua provenienza da una famiglia di vignaioli. Quanto conta nella conduzione dell’Azienda questa relazione con “la vigna” rispetto ad aziende anche organizzatissime   ma che non hanno alla guida un’esperienza di vite “dal basso”?

L: Forse non è stato un caso che io sia nato nel mese di settembre quando la vendemmia era in pieno svolgimento. Chissà se in qualche modo questo abbia influito sulla mia passione per il vino. Quello che è certo è che il ruolo di mio padre è stato fondamentale perché questa si radicasse in me. Attraverso il suo vissuto mio padre ha esemplificato le sfaccettature più diverse della cultura del vino, trasmettendomi molte esperienze che per me sono state la base. Un po’ quello che ho fatto anche io trasmettendo alle mie  figlie tutte quelle conoscenze ed esperienze per poter comprendere al meglio la cultura del vino.

E: Nella vostra produzione si evidenzia la predilezione per i vitigni autoctoni. Secondo la sua esperienza quanto è importante puntare su questo aspetto rispetto al lasciare spazio ai vitigni internazionali?

L: L’attenzione agli autoctoni non esclude per forza di cose l’opzione dei vitigni internazionali. La cosa migliore è sempre quella di affidarsi a prove e test per individuare il vitigno migliore da coltivare, ma nello stesso tempo rimanere aperti a nuove possibilità.

E: L’Alto Adige è uno dei territori Italiani di elezione per i vini bianchi di estrema qualità. Da esperto di questa tipologia, quali sono secondo lei i vitigni italiani a bacca bianca più interessanti al di fuori della vostra regione?

L: Il Vermentino a mio parere è uno dei vitigni bianchi importanti nel panorama Italiano.

E: Non si può purtroppo ignorare la recente crisi indotta dal Covid19 che ha investito l’economia come uno tsunami. A questo riguardo quale sono nella pratica più stringente gli effetti negativi maggiori per la filiera del vino italiano e, secondo una sua stima previsionale, quanto tempo occorrerà per ammortizzarli?

L: Uno degli effetti più negativi di questa crisi è senz’altro il calo del prezzo fatto registrare dai nostri vini, proporzionalmente tanto più marcato quanta più alta è la qualità dei vini stessi. Un meccanismo automatico di mercato che si verifica puntualmente quando l’offerta è maggiore della domanda. I tempi per ammortizzare economicamente quanto avvenuto temo che non saranno così veloci. Immagino ci vorranno diversi anni perché la situazione si normalizzi nuovamente.

E: A livello normativo/legislativo, quale pensa sia il provvedimento più urgente da varare da parte dello stato per aiutare il settore o su quali aspetti occorrerà intervenire con urgenza?

L: Per alleviare questa situazione, il vecchio vino ( vino della annata 2019) dovrebbe essere tolto dal mercato e destinato alla distillazione o per fare gel igienizzanti, di cui è molto aumentata la richiesta a seguito del Corona virus. La distillazione però non rende abbastanza economicamente quindi lo stato dovrebbe dare un contributo extra per litro, sufficiente a raggiungere il prezzo minimo di € 1,5 al litro. In questo modo ogni cantina potrebbe destinare alla distillazione fino 10% o di più della su giacenza attuale. In questo modo si  potrebbe alleviare il mercato mantenendo i prezzi attuali.

E: Alla luce dell’esperienza maturata in questo periodo davanti ad un’eventualità mai verificatasi prima d’ora, cambierebbe qualcosa nell’impostare politiche produttive, distributive, economiche ecc. allo scopo di prevenire il ripetersi di un’eventualità del genere?

L: Più che cambiamenti significativi ci si può augurare che nel futuro aumenti la quota di quei consumatori  sempre più orientata verso prodotti  locali di alta qualità.

Bruno Fulco


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