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La ristorazione in guanti bianchi e come è girato il mondo

La Ristorazione è da sempre uno dei miei centri di interesse.

Non perché sia mia mania frequentare i locali mondani, ma perché il settore è stato tanto maltrattato, calpestato, umiliato da due anni e mezzo, e ancora lo è, a causa delle restrizioni nelle libertà, e direi nei “doveri”, del loro compito a servizio del pubblico.

La Ristorazione, con i ristoranti, i bar, i pub, le strutture di catering per i ricevimenti di ogni tipo, nonostante tutto, ha mantenuto i suoi criteri di stile.
Nonostante le spese sostenute per tutti i sistemi di igienizzazione e di sicurezza sanitaria, le paratie di plastica per i distanziamenti tra gli avventori, gli strumenti per il controllo del QR dei pass, la riduzione del personale, e nonostante i mancati “ristori” promessi.

I gestori ed il personale, quelli sopravvissuti alle imposizioni ed ai ricatti di una catastrofica regia della pseudo-pandemia, hanno sempre mantenuto i “guanti bianchi” ossia il rispetto per i principi di accoglienza e riguardo verso la clientela.
Sono dei professionisti, sono stati addestrati a questo.

Hanno subito, e ancora subiscono la pesantezza delle maschere sul viso, ma sotto quel pezzo di stoffa accolgono sempre il cliente con un sorriso, lo si vede dagli occhi.

E quegli occhi hanno visto, tuttavia, la trasformazione della clientela.

I più abbienti, i “vip”, quelli della classe sociale più elevata, e quelli che davvero hanno i soldi, non si mettono in fila davanti al ristorante per farsi scannarizzare la fronte o i documenti.

E non si assoggettano a subire interrogatori, quando quell’improvvisato comitato “scientifico” ha dato letteralmente i numeri sulla quantità di persone che potevano sedersi alla medesima tavolata in un locale pubblico se solo “congiunti”.

Rimbecillita dalle notizie che i mass media strombazzavano, la gente era sottomessa al terrore ed ha accolto come una liberazione sia la campagna di vaccinazioni sia l’introduzione del “green pass”, cosicché i temerari potevano affrontare la convivialità tra pari in locali pubblici.

Costoro, allineati ed ossequienti, si sono sottoposti a tutti i riti pur di uscire di casa e andare come sempre a divertirsi, spesso tralasciando tutto ciò che sta compreso nei canoni dell’etichetta.
Non parlo di maleducazione, ma di una certa rilassatezza dei costumi.

Lo stile della clientela è cambiato

Del resto, con la faccia coperta chi ti riconosce?
Non ci si veste più “da sera”, le signore hanno dovuto rinunciare a rossetto e fondotinta che sporcano la maschera, non si ingioiellano più come la Madonna di Pompei, gli uomini dimenticano la cravatta, e talvolta anche la cavalleria.

Anche l’età degli avventori è cambiata.
Le coppie in età non vanno più a festeggiare anniversari in ristorante, hanno ripreso l’abitudine della cenetta casalinga.

Lo spazio è stato preso da una clientela più giovane, più spericolata, meno formale, meno esigente, meno riguardosa.
Quella clientela che spesso non bada al personale del locale a cui affidano l’ordinazione, clientela che, assorta nel conversare, forse nemmeno si accorge se viene servita da un uomo o da una donna.
Tanto, sono vestiti uguali, e tutti con una museruola nera a coprire la faccia per intero.

È proprio girato il mondo

Per due anni e mezzo si sono persi i rapporti con i parenti e anche quelli più intimi con i famigliari.
Il terrore dei contagi hanno distanziato le persone, niente strette di mano, niente baci ed abbracci.
Ci si dava il gomito, addirittura nelle rarefatte cerimonie ufficiali, o il pugno chiuso.

Anzi, nemmeno ci si saluta più.

Ma loro sono sempre là, in guanti bianchi a servire tutti con lo stesso riguardo e a sorridere, sempre, anche se nessuno li saluta loro o gli dice un “grazie”.

 

Maura Sacher

 


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