I Viaggi di Graspo

La piantata storica di Urbana, un monumento vivente

La piantata storica di Urbana, un monumento vivente, un luogo magico di incontri

La piantata storica di Urbana, un monumento vivente, un luogo magico di incontri

 

A sx Gianmarco Guarise con Antonio Tebaldi due storici custodi di Graspo

Gianmarco Guarise è un fotografo professionista che da sempre cura e custodisce con competenza e passione una ultracentenaria piantata di Vernazola, antichissima varietà di uva locale, in quel di Urbana nel Montagnanese vicino a Padova.

Si tratta di un filare di vecchie vigne, molte ancora a piede franco maritate con dei monumentali ed altrettanto storici salici, un legame questo che tende non solo a dare struttura e sostegno tecnico alle piante ma che nel tempo ne preserva la resilienza e sostanzialmente ne allunga la vita.

Da sx un ospite francese con Gianmarco Guarise ed il sindaco di Urbana Michele Danielli

 

“L’oppio non fa frutto, ma stimo sia creato da dio per solo sustentamento della vite, sopra il quale si accomoda molto bene e matura l’uva in eccellenza”. 

Se Giacomo Agostinetti, nato a Cimadolmo in provincia di Treviso (1597‐1682), 

nel suo trattato “Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa” nel 1679, celebra con queste righe il matrimonio ideale della vite con l’acero campestre, la piantata storica di Urbana,

 anzi Piantà come la definisce Gianmarco Guarise, testimonia invece un altro fortissimo ed altrettanto suggestivo legame a tre, tra custode, Vernazola e salici creando negli anni un luogo quasi magico, un luogo ideale per incontri speciali.

Come quello recentemente organizzato da G.R.A.S.P.O.

Il momento della presentazione di Graspo, da sx Gianmarco Guarise, Alessandra Blotto, Luigino Bertolazzi, Aldo Lorenzoni, Gianpaolo Lorieri e Maicol Benson

(Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e Preservazione dell’Originalità Viticola)

Con 25 viticoltori francesi, e non solo, nell’ambito di un viaggio di studio specificatamente indirizzato alla conoscenza della viticoltura storica, delle viti maritate e dell’agroforestazione.

Gli amici francesi seguono il racconto di Gianmarco Guarise tradotto da Alessandra Blotto al centro della foto

Un’occasione unica per un confronto diretto con chi, in altri contesti produttivi, dall’Ile de France all’Alsazia, dall’Occitania alla Provenza, ha voluto portare la sua esperienza professionale nella gestione di vecchie vigne maritate.

É Alessandra Blotto portavoce ed interprete del gruppo dei viticoltori francesi a spiegare il progetto :

Susan Hedblad per Old Vine Conference assieme a Gianpaolo Lorieri.

 “L’idea è nata nell’inverno 2020, quando Agnès Sourisseau, con cui collaboro spesso su progetti in agroforesteria, 

mi ha contattata perché traducessi un testo di Guado al Melo, che ci ha portato alla ricerca dell’Associazione storica di Baver e ad Augusto Fabris, poi a Rete contadina e poi a Carolina Gatti. 

Nell’aprile 2021 Agrof’ile ( https://www.agrofile.fr/ ), un’associazione che opera per aiutare gli agricoltori fortemente sensibili a trovare terra nell’ Ile de France ed a sviluppare progetti innovativi mi ha quindi mandata da Augusto e Carolina, e l’idea del viaggio ha cominciato a prendere forma. 

In seguito l’associazione ha risposto a un bando che finanzia gli scambi tra agricoltori e grazie alla Fondazione Carasso è nato questo progetto triennale di confronto tecnico  tra viticoltori europei che lavorano in un’ottica di rispetto e rinaturazione della terra e che cercano congiuntamente, anche se ognuno nel proprio contesto, delle soluzioni al cambiamento climatico e alla valorizzazione della biodiversità.” 

Se Agrof’île, Civam, Association des Vins Libres d’Alsace, Provence Agroécosistemème & Citoyenneté 

La monumentale Piantata, (la Bina).

sono le associazioni di produttori arrivate dalla Francia non sono mancate appassionate testimonianze dall’Italia come l’Associazione dei Canevisti di Breganze con Enrico Azzolin e tanti amici, dell’Associazione Clinto de Marca guidata da Franco Zambon ,

Da sx Emile Grelier insieme al padrone di casa Gianmarco Guarise

 dalle Città del Vino e dalle Strade del Vino di Toscana rappresentate dal preparatissimo e motivatissimo Gianpaolo Lorieri e dalla cooperativa La Rabiosa di Casale di Scodosia impegnata nella valorizzazione degli storici vitigni del territorio.

Guide ideali in questo percorso di conoscenza due fra i massimi esperti di viti maritate e colture promiscue come Viviana Ferrario dell’IUAV di Venezia e il naturalista Antonio Mazzetti che hanno delineato l’importanza e le molteplici funzioni, non solo paesaggistiche, di queste antiche forme di allevamento che assolvevano in modo ideale alle diverse esigenze dell’agricoltore del tempo.

Foto di gruppo al termine dell’incontro

La piantata veneta, come questa di Urbana, è infatti un’antica sistemazione dello spazio agrario, una coltura promiscua dove si trovano tre coltivazioni: una arbustiva (la vite), una arborea (il tutore vivo della vite, ovvero alberi da pastura, da frutto o da legna) e quella erbacea (cereali, ortaggi o prato stabile). 

Più correttamente sottolinea Ferrario, si potrebbe parlare anche di una sistemazione idraulico‐agraria in quanto spesso, se non sempre, la piantata è accompagnata da opere idrauliche e interpoderali di sistemazione del terreno naturale, 

opere deputate alla smaltimento delle acque in eccesso e alla mobilità all’interno del podere, realizzate in passato con il lavoro manuale di tante generazioni.

Il paesaggio della piantata, ampiamente diffuso in Veneto fino agli anni 1960‐70 ha visto con l’arrivo delle colture specializzate un rapido declino; 

un paesaggio che oggi si può solo immaginare dagli isolati relitti dispersi nelle campagne della regione, molto spesso in stato di abbandono e solo di rado miracolosamente conservati grazie al lavoro, o forse alla nostalgia, di sparuti agricoltori come Gianmarco Guarise. 

Ma di tutto questo oggi rimane per fortuna qualche clamorosa testimonianza sopravvissuta alle pesanti trasformazioni urbanistiche o ai rinnovi, spesso monocolturali, che hanno investito come un fiume in piena il Veneto negli ultimi decenni. 

Proprio il suo valore storico ed oggi anche per la sua rarità, questa pratica agricola superstite costituisce un grande patrimonio sia paesaggistico che etnico antropologico, definito non solo dalla sua natura vegetale ma anche da un preciso modello di saperi e di tecniche tramandate spesso, se non esclusivamente, 

per via orale oggi finalmente riconosciuto tanto da essere stata inserita nell’elenco dei Paesaggi Storici Italiani grazie alla candidatura presentata dall’Associazione storica di Baver che ha lavorato per la tutela della piantata storica di Baver di Augusto e Marco Fabris. 

Si tratta di elementi residui ma fondamentali, sottolinea Antonio Mazzetti, di un paesaggio rurale storico, di un’antica pratica agricola, 

che non esauriscono il loro valore nell’aspetto documentario, ma hanno importanti risvolti anche sulla funzionalità ecosistemica del mosaico paesistico anche odierno, veri testimoni di una poli funzionalità agricola che stiamo perdendo.


Appare quindi quanto mai necessaria una riflessione sulla necessità di conservare e valorizzare queste pratiche agricole, e queste piantate, che sono state gli elementi generatori dei paesaggi agrari veneti più importanti ed evocativi non solo per motivazioni di carattere storico‐ culturale, ambientale e turistico, ma anche per motivazioni di carattere agricolo ed economico. 

Sono sempre più frequenti infatti i produttori che colgono in questa pratica un elemento che può essere distintivo e caratterizzante per  tante piccole aziende agricole ed il Gran Tour italiano di Agrof’Ile lo ha fortemente dimostrato da Arnaldo Rossi a Cortona,

 ad Andrea Polidoro con le sue viti franche di piede alla Bellussera di Carolina Gatti, dalla piantata storica di Baver di Augusto Fabris a Bernardo da Schio e Laura Tinazzi a Verona. 

Un percorso di conoscenza che sotto la piantata di Urbana ha permesso ai viticoltori francesi di cogliere le motivazioni che animano i soci di Graspo per la salvaguardia dei vitigni antichi come la Vernazola, alla passione conservativa di Gianmarco Guarise quando racconta la sua Bina e tutti i suoi valori : 

“.. un luogo dove l’uva è protetta dalle malattie perché allevata alta, dalla grandine perché allevata a pergola, dal caldo eccessivo per il particolare microclima che si crea sotto la piantata ed anche dalla fillossera vista l’azione benefica delle radici dei salici”. 

Un luogo veramente magico.

 

Il viaggio continua….

 

Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi

Foto di Gianmarco Guarise

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