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La nebbia agli irti colli piovigginando sale

La nebbia agli irti colli piovigginando sale

La mente ha le sue vie che la ragione non conosce, pensieri in libertà.

Beh, qualche licenza letteraria me la voglio prendere, non si può essere sempre allineati al “pensiero comune”!

Il titolo del pezzo che mi accingo a comporre è un verso dell’ode di Giosuè Carducci intitolata “San Martino”, che la mia generazione ha studiato a scuola e recitata a memoria.

La frase con cui inizio, invece, evoca quella attribuita al filosofo matematico scienziato teologo Blaise Pascal (“Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”) e mi serve per giustificare i miei pensieri in libertà.

Premesso ciò per chiarimento, è il nebbione persistente che mi ispira lugubri pensieri.

I giorni precedenti e seguenti Capodanno sono stati caratterizzati da nebbie diffuse su mezza Penisola, dalle colline fino al mare, banchi di nebbie basse e spesso impenetrabili, mentre le vette dei monti erano assolati. Una particolare inversione termica, l’hanno definita i meteorologi.

Mi hanno riferito che persino Roma ne è stata avvolta, con la visibilità neanche a due metri dal naso dei passanti in strade di certi quartieri.

Mi sono immaginata che la nebbia fosse come un’ovattata coltre discesa da cielo a guisa di dimostrazione che sotto di essa si elaborano trame da tenere nascoste.

La nebbia agli Irti Colli piovigginando sale

In tutti i Palazzi della politica, in effetti, si stanno architettando disegni, con arcani grafici e conteggi e proiezioni, in vista dell’imminente nuovo decisivo Consiglio dei Ministri e della prossima elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Se, dunque, anche nella Capitale ci sono state giornate di nebbia, piovigginosa, non vedo un buon presagio né per il governo né per l’Alto Colle.

Come quando nel febbraio 2013, la notte delle “dimissioni” di Benedetto XVI si scatenò un temporale che produsse quel fulmine scaricatosi sulla Cupola di San Pietro.

Si sa che la nebbia è come una “coltrina”, una tenda, che modifica, trasforma il mondo circostante, e a volte cancella anche quello vicino.

Che sia un segno, questa nebbia?
Un segno diabolico che i giochi sono stati già fatti in assoluto silenzio stampa e che sul popolo sta per abbattersi la scure delle più abbiette conseguenze a discapito delle nostre libertà e della stabilità economica?

La gente si sente schiacciata. Anche per questo la nebbia può essere un segno?
Sulla testa dei cittadini incombono troppi segnali d’allarme perché possano vedere roseo il loro futuro.

L’ode del Carducci si conclude con questi versi:

Sta il cacciator fischiando
su l’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.”

Il cacciatore che fischietta in solitudine è un’immagine di struggente malinconia, la metafora di un cittadino che aspetta con rassegnazione la sua sorte, mentre sullo sfondo stormi di uccelli neri prendono la via dell’emigrazione, l’allontanamento verso lidi migliori per poter sopravvivere.

Dio non voglia che questa sia la sorte dei non allineati, dei dissenzienti italiani.

Maura Sacher


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