Stile e Società

La diplomazia non cambia il destino dello Champagne obbligato in Russia a cambiare nome

L’inquieto destino delle bollicine nei territori dell’Ex Unione Sovietica

Lo spumante che vanta il maggior numero di “taroccamenti” al mondo è probabilmente il prosecco, che ciclicamente fa registrare nuovi tentativi di imitazione ultimo dei quali il Prosek Croato. Questo è purtroppo il destino condiviso con tanti prodotti dalla qualità riconosciuta internazionalmente, ad esempio il celebre “parmesan”, che devono lottare per mantenere integra la loro identità.

Un destino che coinvolge anche altri paesi e nel caso, per rimanere alle bollicine, che ha toccato anche l’icona mondiale dello spumante. La contesa tra Russia e Francia era già iniziata a luglio quando il governo russo di punto in bianco ha stabilito che nel territorio dell’ex Unione Sovietica si potesse utilizzare il termine Champanskoye solo per i prodotti russi ed esclusivamente indicandolo nella retro etichetta.

Di fatto un imposizione rivolta alle Aziende Francesi costrette a modificare il nome nella traduzione in cirillico da apporre sulle bottiglie per la commercializzazione in territorio Russo. Un vero e proprio scippo di identità quello imposto dai sovietici, storici estimatori dello Champagne da sempre. Decisione clamorosa che ha fatto scattare da subito le attività diplomatiche per tentare di arrivare ad un punto di incontro che però non è stato trovato.

La moratoria si è così conclusa costringendo le Aziende Francesi ad adeguarsi alle nuove normative già dal primo gennaio 2022. Chi si aspettava un’impennata d’orgoglio da parte dei transalpini non ha fatto però i conti con i volumi di export dello Champagne in terra russa che ha consigliato un approccio morbido al problema.

Questo è quello che traspare dalle parole di  David Chatillon direttore dell’Union des Maisons de Champagne, che intervistato da Vitisphere ha annunciato il proseguimento del dialogo con le autorità al fine di ottenere il riconoscimento pieno della denominazione Champagne in Russia.

D’altronde di fronte ad un mercato capace di raggiungere 1,7 milioni di bottiglie l’anno, è d’obbligo gestire la questione senza arrivare ad inasprimenti irreversibili evitando lo stallo del dialogo. Un nuovo atto è previsto entro Marzo con i francesi che tenteranno di nuovo di far valere le proprie ragioni in una contesa che, per il precedente che potrebbe rappresentare, interessa indirettamente un po’ tutti.

Lo Champagne infatti rappresenta una denominazione legata indissolubilmente al territorio mentre le produzioni russe individuano vini di tipo spumante ma senza legami particolari con il territorio. Se passa questo modello, in virtù dell’export si rischierebbe di dover concedere sempre più libertà in grado di annullare l’identità di produzioni e territori. Una globalizzazione di cui sinceramente non sentiamo il bisogno.

Bruno Fulco

 

 

 

 

 

 


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