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La dieta mediterranea, “patrimonio” solo per chi può permettersela?

Da patrimonio culturale immateriale dell’umanità a regime alimentare solo per chi può permetterselo. Per la dieta mediterranea, dopo il prestigioso riconoscimento dell’Unesco, arriva un bagno di realtà che ha poco a che fare con le scelte di una sana alimentazione. In tempi di crisi, infatti, i primi tagli degli italiani sono rivolti  proprio al cibo di qualità. Le famiglie a basso-medio reddito (fino a 25.000 euro)non consumano quasi più olio di oliva e verdure, consumano poche carni bianche e cereali.

Nel carrello mettono invece carni precotte, margarina, grassi animali e alcolici. E’ con questi ingredienti è complicato mettere in tavola un menu degno delle tradizioni gastronomiche del Bel Paese. E’ quanto emerge da uno studio condotto dai  ricercatori Marialaura Bonaccio e Giovanni de Gaetano dei laboratori di ricerca della Fondazione “Giovanni Paolo II” dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Campobasso, autori di un’indagine sulle abitudini alimentari rispetto al reddito di 13.262 italiani, uomini e donne, di 53 anni in media di età e di un libro “La dieta mediterranea ai tempi della crisi”. Secondo i ricercatori , segue i principi della dieta mediterranea, comprando pesce, carni bianche, frutta e legumi, yogurt e cereali, dal 50 al 68% di chi guadagna almeno 40.000 euro l’anno. E queste differenti scelti alimentari pesano non solo sul portafogli ma anche sulla bilancia. Le famiglie italiane a basso reddito hanno, infatti, un tasso di obesità pari al 36%, quelle ad alto reddito al 20%. Ma quale è la ricetta giusta per far sì che la dieta mediterranea non diventi uno dei tanti status symbol? Secondo Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri “I governi non si occupano seriamente del problema dell’alimentazione in rapporto alla salute. E’ necessaria l’incentivazione, attraverso un accurato impiego della tassazione, della componente vegetale della dieta e disincentivando le componenti dannose contenenti acidi grassi pericolosi e prodotti ricchi di grassi”. Per Eugenio Del Toma, professore associato di nutrizione clinica al Campus Biomedico di Roma, da una parte emerge un aspetto della crisi “su quanti debbano far di conto anche per la spesa alimentare, dall’altra evidenza il problema di fondo della mancanza di tempo. E spesso chi guadagna meno, ha anche meno tempo per mettersi in cucina. Ma in tempo di crisi economica andrebbe piuttosto sottolineato il perdurante fenomeno degli sprechi di cibo”. Secondo il nutrizionisti “quello che veramente si è perso sono i concetti di sobrietà e di frugalità, parole sconosciute  alle nuove generazioni. Si può  fare una dieta sana, anche senza caviali e tartufi,quando si ricorda che il vero segreto della dieta mediterranea é la sobrietà a tavola.”

di Alessandra Fabri


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Redazione

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