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L’Alitalia rischia di precipitare con gravi conseguenze per comparto turistico

La Compagnia di bandiera tanto sventolata negli occhi e nelle orecchie degli Italiani sta rischiando grosso. Le ultime settimane e le ultime traversie sottolineano quanto sia grave la situazione della compagnia aerea che nel mondo rappresenta la nostra nazione.

Gli aerei della flotta hanno rischiato di rimanere a terra dato che la scarsa liquidità non sembrava garantire i pieni di carburante necessari appunto per volare. Nemmeno l’ingresso di Poste Italiane nell’operazione di aumento del capitale sembra poter risolvere il problema dato che Air France – KLM ha ritirato quasi completamente la propria quota dal capitale sociale.

A questo proposito mi sovviene che l’allora presidente del consiglio Berlusconi rifiutò la vendita appunto al gruppo franco – olandese con la scusante di dover mantenere a tutti i costi una compagnia di bandiera nazionale.

Affidò quindi con l’appoggio sciagurato della Lega Nord che in preda ad un overdose di campanilismo, e si stanno vedendo i risultati, voleva fare di Milano l’hub dell’Italia del Nord ad un gruppo di amici imprenditori definiti capitani coraggiosi la compagnia che per prima cosa dovette assorbire AIRONE, azienda già in fallimento di proprietà di uno dei capitani coraggiosi che non investì capitali coraggiosi come promesso ma finì col gravare pesantemente sul riassetto aziendale.

Nacque così CAI che nonostante massicci prepensionamenti, licenziamenti, scorpori, pastette, bilanci taroccati e cessione di parte dei servizi più redditizi a imprese esterne in parte riconducibili a soci CAI siamo arrivati ad oggi con l’acqua alla gola e coi serbatoi quasi vuoti.

E dobbiamo fronteggiare la guerra spietata che le altre compagnie stanno muovendo alla nostra flotta aerea. Sembra di essere tornati alla Seconda Guerra Mondiale con la differenza che perfino la Lufwaffe, pardon, la Lufthansa ci è contro anziché alleata.  
Per non parlare appunto degli odiati – amati cugini d’Oltralpe e degli Inglesi. I franzosi attendono di comprare a poco prezzo il relitto Alitalia: il presidente Air France – KLM Alexandre Du Juniac ha chiesto di effettuare solo rotte a medio raggio e riorganizzare i voli a lungo raggio a favore della sua compagnia, pena il ritiro della loro quota di capitale mentre i figli della perfida Albione si sono scatenati chiedendo alla UE di sanzionare l’Italia per gli aiuti e i favori che il governo sembra accordare alla disastrata compagnia aerea.

Anche loro si intendono molto bene di fallimenti visto che la British Airways era BOAC diventando successivamente BEA, British European Airways quando un poco ma non più di tanto credevano nell’Europa.
A proposito protestano tanto ma poi stanno con un piede a Dover e quell’altro a Calais a seconda della convenienza, e i gabinetti, nel senso politico non escatologico, anglosassoni non hanno forse aiutato le loro industrie a cominciare da quella automobilistica che ormai nonostante i milioni di sterline pompati per tenerle nei confini della loro fredda isola sono tutte di proprietà straniere?

Ma tant’è chi semina vento raccoglie tempesta e la tempesta su Alitalia è appena ricominciata.
Niente più capitani e capitali coraggiosi, non si sono mai visti, erano solo una accolita di squallidi speculatori, ma sui nostri cieli si stanno radunando branchi di avvoltoi ben vestiti  con la bombetta e l’ombrello scortati dai caccia della RAF, della Armée de l’Air e della Lufwaffe che aspettano solo il momento di calare a terra per prendersi il piatto con quattro talleri.

Ci sono contati con l’AEROFLOT di sovietica origine e con la compagnia nazionale cinese ma se ci fosse l’accordo con i mandarini si perderebbe la caratteristica di compagnia europea con tutto quello che ne consegue.
I nostri cari amici continentali sarebbero disposti ad entrare in azienda al patto che non si comprino più aerei, si usano i loro, e si rinunci alle rotte più redditizie che coprirebbero con le loro compagnie: quale prodiga generosità, manca solo che ci chiedano di smontare tutti i nostri monumenti più celebri e di recapitarglieli a casa loro così il nostro settore turistico, l’unico che ha retto alla crisi assieme al comparto sterminato del nostro patrimonio enogastronomico, verrebbe azzerato e diventeremmo una colonia dell’impero dei barbari del nord e dell’est.

A proposito di voli ha già chiuso l’aeroporto di Forlì –Cesena, tanto utile ai Romagnoli delle Terre di Mezzo e ai Felsinei come me che in caso di nebbie persistenti sul Marconi di Bologna o quando lo stesso era in overbooking era veramente molto comodo: si partiva e si atterrava a pochi chilometri da casa.
Pare che anche l’aeroporto di Rimini abbia problemi nonostante il massiccio afflusso di turisti russi e non solo e la presenza di una fiera molto attiva ed importante a livello internazionale.
Se anche Rimini con le altre località della Costa Romagnola a pochi passi e i milioni di turisti che ogni anno sbarcano in zona non ce la fa più allora si salvi chi può.
Anche l’aeroporto di Albenga – Imperia è precipitato in grave crisi dopo aver perso il suo unico ma molto costoso per le tasche degli Italiani unico o quasi cliente Claudio Scajola, ex ministro che ne caldeggiò la costruzione per non doversi servire di quello di Genova, sicuramente più scomodo per lui.

Ma se chiudono gli aeroporti come facciamo ad incrementare gli afflussi turistici verso il nostro sgangherato Belpaese?
Già ci vorrebbe una migliore politica di incoming e una maggiore correttezza da parte degli operatori alberghieri e dei ristoratori nei confronti dei turisti, e poi ci vorrebbe un piano nazionale demandato magari alle regioni per far conoscere le altre magnifiche realtà oltre alle solite Firenze, Roma e Venezia ormai usurate dal flusso spropositato che ogni anno le invade.
Auspico di non dover assistere passivamente, tanto un cittadino che può fare, al dissolvimento della nostra compagnia di bandiera nata nel dopoguerra dalle ceneri della mussoliniana Ala Littoria e dalla fusione nel 1947 di Linee Aeree Italiane ed Alitalia appunto.
Umberto Faedi


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Redazione

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