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Il vino rinuncia alla bottiglia in vetro per fermare l’aumento dei prezzi

La Presidente di Ascovilo Giovanna Prandini propone l’autorizzazione di materiali diversi per imbottigliare

Gli eventi internazionali degli ultimi anni hanno rivoluzionato le abitudini consolidate della vita comune, introducendo cambiamenti a volte forzati ma necessari per contrastare la situazione.

Le materie prime salgono alle stelle, i trasporti diventano meno agevoli e più costosi e tutto inevitabilmente va a pesare nelle tasche dei consumatori. Il vino non fa eccezione e sta vivendo le sue difficoltà certificate da uno studio del Censis – Alleanza Cooperative Agroalimentari Vino, che stima a 1,1 miliardi di euro la variazione dei costi che graverà sulla filiera vitivinicola.

Dopo la crisi degli imballaggi con aumenti compresi tra il 23% e il 30%  consegne rarefatte e non poche difficoltà  all’orizzonte, il nuovo ostacolo da superare per non far lievitare i prezzi del vino viene dall’imbottigliamento.

L’aumento sarà inevitabile se non si si autorizzano modalità di imbottigliamento con alcuni tipi di cartone o plastica, materiali che attualmente sono vietati dai disciplinari di produzione. Questa è la proposta di Giovanna Prandini, presidente di Ascovilo (l’associazione che riunisce i consorzi lombardi del vino) che nell’intervista rilasciata all’agenzia di stampa AGI, ha lanciato l’allarme sugli aumenti del vetro del 12% da marzo ad aprile, peraltro con un minimo preavviso  e a listini già pubblicati per quest’anno.

Le modifiche ai disciplinare per forza di cose non possono essere immediate ma la Presidente propone di adottarle in via sperimentale per consentire di testare materiali diversi.

La numero uno di Ascovilo spera inoltre che i produttori possano in parte assorbire gli aumenti evitando di scaricarli completamente sul comparto horeca già messi a dura prova dalla pandemia.

Le eventuali alternative comunque, sempre secondo la Prandini vanificherebbero il lavoro già fatto sulla ricerca di contenitori sostenibili per ridurre l’impatto ambientale.

Rammarico che si aggiunge alla mancata solidarietà di tutta la filiera che lasciando i produttori senza i materiali di confezionamento da reperire in Italia li costringerà nel breve a rivolgersi all’estero.

Bruno Fulco

 

 

 

 

 

 


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