
Alla ricerca del buon pane ferrarese

Ah, il pane ferrarese!
Quel capolavoro di fragranza e profumo che, in un tempo ormai lontano, avvolgeva i paesi del Ferrarese con una nuvola di felicità.
Un tempo, dico, perché oggi ogni dietista che si fregia del titolo lo considera l’incarnazione del male, il nemico numero uno di ogni bilancia e di ogni “progetto bikini“.
Questi sacerdoti della privazione, infatti, hanno dichiarato guerra aperta al buon pane, quello vero.
E non parliamo della coppia ferrarese! Per i dietisti è un vero e proprio “abominio alimentare”, un accoppiamento scandaloso tra farina e… beh, tra farina e tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta.
Ma come osano?
E che dire dei bauletti o del cucco, quelle forme irresistibili che dimostrano, senza ombra di dubbio, come la fantasia ferrarese sia decisamente più prolifica di quella di qualsiasi nutrizionista?
Un tempo, bastava fare due passi per trovare un forno di paese, dove il pane era così buono che se arrivavi a mezzogiorno, rischiavi di trovare solo le briciole.
Poi, però, sono arrivati i forni industriali, lucidi, asettici e, udite udite, con dosaggi “a misura di dietista”! Perfetti, insomma, per assicurarvi che in ogni regime alimentare possiate usarne… pochissimo. Che pacchia, eh?
E qui arriviamo ai veri eroi moderni: quelli che, con ostinazione degna di miglior causa, vanno al supermercato e si crogiolano nella gioia di addentare pani “made in chissà dove”, lievitati all’estero, congelati e spediti appositamente per questi “scellerati mangiatori di pane” che non hanno ancora capito cosa sia il vero piacere.
Vi confesso un peccato di gioventù: una volta comprai una baguette al supermercato. Mi serviva per una gara di tiro alla fune… battute a parte, ovviamente!
Il pane ferrarese nemico della dieta
Ma torniamo a quelle oasi di bontà che sono i panifici artigianali, dove si possono ancora trovare le spaccate, i cucchi, i bauletti e, rullo di tamburi, le mitiche coppie ferraresi!
Peccato che l’arrivo della DOP, con i suoi vincoli di produzione degni di un trattato di pace internazionale, abbia deciso che non possiamo più chiamarle “coppia ferrarese” o “ciuppeta”.
Sembra che solo le coppie fatte in forni ormai estinti possano fregiarsi di tale onore.
Un po’ come dire che i dinosauri avevano un pedigree, ma le galline no.
Ma i forni artigianali, che non si piegano a queste elucubrazioni burocratiche, continuano a sfornare la coppia, e resta buonissima, anche se per normativa potremmo chiamarla con qualsiasi nome strampalato.
Partendo dalla punta più a nord della provincia di Ferrara, vi segnaliamo alcuni artigiani che potrebbero farvi “godere” così tanto da far dimenticare qualsiasi consiglio dietetico.
A Mesola c’è un forno piccolissimo, ma andate la mattina presto, perché il pane è solo per i clienti locali, quelli che sanno come si vive. Lo trovate in via Motte, vicino al bivio con via F.lli Cairoli.
A Bosco Mesola, La Fornarina è in piazza Vittorio Veneto. A Goro, di panifici ce ne sono due, ma noi vi suggeriamo il Forno di Loris in via II Giugno. Purtroppo, ci sono paesi come Lagosanto che sono stati “puniti” e non hanno nessun forno, dovendosi accontentare di una distribuzione che arriva da Porto Garibaldi. E tutta la zona di Comacchio riceve pane da panifici industriali: per trovarne uno vero, dovete spingervi fino a Codigoro, in via Massarenti.
Questa, in fondo, non vuole essere un’inchiesta giornalistica, ma semplicemente un grido d’allarme, un modo per ricordare che stiamo perdendo i sapori veri, anche in territori dove la tradizione era legata a doppio filo alla qualità. E dove, diciamocelo, la felicità contava più delle calorie.
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