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I Vignaioli Indipendenti sul Testo Unico Vino

Il “Testo unico della vite e del vino”, promosso da Agrinsieme, Unione italiana vini, Federvini, Assoenologi e Federdoc, è un documento che mira ad unificare tutte le disposizioni in materia di comparto vitivinicolo, da un anno ancora in forma di bozza allo studio delle Commissioni agricoltura di Camera e Senato.

Tale bozza è stata presentata anche a Vinitaly dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina.
Il testo unico, che disciplina l’attività dell’intero ciclo economico, dalla vigna al consumatore, è articolato in otto capitoli: le definizioni del settore, la produzione viticola, la produzione dei mosti e dei vini, la produzione dei vini a denominazione di origine controllata, la produzione degli aceti, la commercializzazione e l’etichettatura, i controlli, le sanzioni.

Se da un lato il provvedimento è accolto con soddisfazione, perché come spiega Coldiretti “dimezzerà la burocrazia per le aziende vinicole, oggi costrette a dover fare i conti con ben 70 diverse pratiche burocratiche che coinvolgono 22 soggetti diversi”, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, Fivi, sollecita l’attenzione su alcuni punti che non hanno spazio nel Testo, nonostante un documento prodotto nel 2012, in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche, UniSG.

“Pur andando nella corretta direzione di una sburocratizzazione del settore – spiega Matilde Poggi, titolare di un’azienda vitivinicola veronese e presidente della Fivi, che rappresenta oltre 900 produttori associati, e in cui, rispetto ai Consorzi di Tutela, vale il voto per socio, non secondo gli ettari posseduti – il Testo Unico non prevede la condivisione dei dati raccolti tra i diversi enti coinvolti. Oggi capita che le aziende debbano fornire più volte le stesse informazioni, ad esempio all’Istituto Repressione Frodi, Asl e Guardia di Finanza. Per i vignaioli significa perdere giornate su giornate di lavoro”. Propone, pertanto, una banca dati.

La Fivi, inoltre, chiede l’istituzione di un ufficio centrale per l’approvazione delle etichette, un ufficio unico, gestito a livello centrale/regionale o presso gli enti certificatori, che risolverebbe l’attuale confusione nell’interpretazione delle norme, anche da parte degli stessi enti e uffici periferici preposti ai controlli.

“Ci auguriamo – prosegue la Poggi – che il Ministero sia disponibile ad un confronto su questi temi. Su altri argomenti, come la definizione di vitigno autoctono, abbiamo visto che le nostre osservazioni sono state accolte: se nella prima bozza di Testo Unico presentata nel giugno scorso veniva considerato autoctono ogni vitigno coltivato in Italia, oggi l’utilizzo di questa menzione è limitata alle varietà tipiche, di cui sia dimostrata l’origine esclusiva italiana”.

Insomma, c’è ancora qualcosa da limare nel testo. Ma certamente, come da più parti viene rilevato, il vignaiolo che trasforma la propria uva in proprio necessiterebbe di una considerazione diversa da chi acquista uve e rivende mosto e/o vino e/o aceto e/o altro a base di prodotti vitivinicoli, in un circuito commerciale di profitto, a rigore soggetto agli adempimenti amministrativi, in garanzia delle caratteristiche tutelate DOC e IG.

Maura Sacher


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