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Estate, tempo di sagre, ma quali?

Le chiamano sagre ma tali non sono.

C’era una volta la “sagra”, quell’evento ricreativo che le comunità parrocchiali e le Pro Loco promuovevano quale festa di paese o di rione, in occasione di ricorrenze religiose, ad esempio di santi patroni locali, o per motivi legati alla tradizione agricola, quali i passaggi di stagione.
Sagra, festa, fiera sono termini attinti dal latino ed hanno attinenza ad una dimensione religiosa: secondo i cerimoniali pagani prima e cristiani dopo, al rito sacro si combinava l’aspetto gastronomico che concludeva la giornata e consentiva al popolo l’accesso al banchetto.

Ai tempi odierni del laicismo politicamente corretto, nella mentalità della gente questi significano solo momenti ricreativi da trascorrere là dove c’è da mangiare e bere, con pochi soldi, e anche per stare al fresco, e magari farsi una cantata collettiva, con le canzoni del repertorio locale.
Non da ultimo, l’occasione di organizzare una “sagra” era festeggiare una vittoria politica, con vistose esibizioni di vessilli persino dai pali dell’illuminazione pubblica, ma tra i partecipanti una buona parte è sempre stata più di gran lunga interessata all’aspetto gastronomico offerto.

Oggi, le sagre, lontane dalla memoria storica, sono diventate appuntamenti gastronomici a tema, denominati anche “festival”, promossi da una variegata gamma di illustri chicchessia, sui più vari prodotti agricoli, zootecnici, ittici, enologici. E spesso ci si deve prenotare!
Sempre presenti gli “show cooking”, in italiano “esibizioni culinarie” o “dimostrazioni di cucina”, anche condotti da nomi stellati per richiamo, che rivisitano piatti della tradizionale regionale o locale, cosicché l’evento gastronomico va a coincidere con la promozione dello chef di turno non poche volte venuto da lontano.

Per altro verso, troviamo spacciati per sagra anche eventi come i mercatini artigianali, i mercati itineranti ove viene esibita e messa in vendita una variegata gamma di prodotti “fatti in casa”, specialmente di legno, con il legname dei boschi del luogo, trasformando la circostanza – anche se non mancano punti di ristoro per i visitatori – in una fiera commerciale, dove la promozione del territorio, tanto cara alle Pro Loco, alle varie Agenzie degli Enti locali, è comunque fatta salva.

Ma le vere “sagre” dove sono finite?
Le lungaggini burocratiche per i permessi, le farraginose procedure ed gli alti costi per rispettare tutte le norme esistenti, dalle misure di antincendio e sicurezza ambientale alla igiene degli ambiti di trasformazione dei prodotti, e quant’altro ben conoscono coloro che si sono già cimentati nell’impresa, stanno facendo scomparire le sagre nei paesi e nei rioni di città.
Se ne lamentano tutti, quelli che le organizzano da sempre e quelli che da sempre vi partecipano.

Cosa può fare “chi di competenza”, visto che le competenze in materia di turismo e gastronomia sono riunite?

Maura Sacher

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