Reduce dalle due interessantissime e intensissime giornate a Soave, ho ricavato sia un arricchimento del mio bagaglio di esperienza sia spunti per nuove riflessioni, che nel frattempo ho elaborato. Il convegno di venerdì 25 gennaio sulla funzione dell’informazione on-line nel settore enogastronomico e sul “modo” di dare le notizie è stato in realtà un vivace scambio di opinioni tra i diversi attori della “medialità” nel settore, ognuno con la propria visione.
Al di là del dibattito, ho fermato la mia attenzione su una affermazione che ritengo interessantissima, infatti, il Presidente del Consorzio Vini Soave, Arturo Stocchetti, ha detto una frase che mi ha molto colpito: “Noi creiamo emozioni in un bicchiere di vino, noi vignaioli siamo creatori di emozioni”.
Questa frase non mi suona nuova, da sempre so che il vino, se è buono e se uno è consapevole del modo giusto di apprezzarlo, stimola tutti i cinque sensi. E non mi riferisco alle abilità di un degustatore professionista o sommelier e ai criteri delle alte scuole di assaggiatori, parlo per tutte quelle persone che assumono vino a pasto e fin dall’antipasto senza saper cosa bevono, a quelli che per l’aperitivo al bar chiedono un bicchiere di bianco o rosso con le pizzette, a quelli che nel dopo cena aprono la bottiglia di riserva ma si perdono in chiacchiere.
L’emozione che il sorseggio di un vino buono può dare non è paragonabile al gradimento del palato per una pietanza uscita dalla sapienza di uno chef provetto, è qualcosa che va al di là, è un qualcosa che percorre all’indietro millenni di storia dell’umanità, al tempo della scoperta che l’uva fermentata stava creando un qualcosa di inspiegabile, pertanto attribuita ad un dono degli dei per la felicità degli uomini.
Ma la rivelazione che la stessa ebbrezza viene provata dal vignaiolo, dal possessore del vigneto, dall’operatore agricolo e dall’enologo, insomma da tutta la catena di individui che si prodiga per curare i tralci e a trasformare i maturi chicchi d’uva in un prodotto da mettere in bottiglia affinché diventi bene prezioso da condividere, è stata anch’essa una forte emozione per me!
Vista, olfatto, gusto sono le chiavi per apprezzare appieno la bevanda, tuttavia non si è obbligati a seguire corsi, basta lasciar andare i sensi nella consapevolezza che dietro al liquido che stiamo assaporando (non trangugiando) c’è un uomo che nel coltivare la vite ci ha messo la sua competenza e la sua passione, un uomo che nel grappolo rilucente tra i pampini, raccolto con amore e delicatezza, già intravvede il sorriso del consumatore finale.
Il percorso dalla vite al bicchiere a volte è arduo e irto di pericoli non prevedibili a volte, ma la fiducia nel risultato è giusto che sia appagata dalla riconoscenza di noi umili consumatori, spesso distratti.
Grazie, Signor Arturo per questa bella lezione.
Maura Sacher
m.sacher@egnews.it
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