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“Da Dante”, storia di un ristorante e delle sue ricette

C’era una volta a Trieste un ristorante molto chic, in pieno centro, il “Da Dante”, dal nome del proprietario, Ariodante Durighello, ora c’è un libro che ne ferma il ricordo, con tanto di immagini.

Ha avuto un grande successo di pubblico, con molti testimoni dell’ultima epoca, la presentazione del volume «Da Dante. Ricette e aneddoti del famoso ristorante» (Mgs Press, Trieste, dicembre DaDante_copertina2015), scritto da Tiziana Gomzi, insegnante di storia e filosofia, sulla base di ricerche d’archivio e attingendo direttamente ai ricordi di Lio, figlio di Dante, classe 1925. Ne è scaturito un volumetto di un centinaio di pagine, diviso in due parti, corredato da illustrazioni tratte dagli originali dell’archivio famigliare (NOTA: le foto qui pubblicate, su gentile concessione, sono tutelate dal diritto d’autore riservato alla famiglia), lavoro minuzioso su un percorso di cinquant’anni che incrocia vicende familiari e storia cittadina.

La storia del ristorante prende avvio nel 1912, quando Rosa Pittoni da poco vedova Durighello e madre di Dante, apre una trattoria in via San Francesco 2, con il benaugurante nome “Alla Fortuna”; erano gli anni dell’irredentismo che precedettero la Prima Guerra Mondiale. Continuando attraverso le conseguenze per la cittadinanza della prima annessione all’Italia, la Seconda Guerra Mondiale, la dominazione tedesca, l’occupazione dei partigiani di Tito, il periodo del Territorio libero sotto il Governo Militare Alleato e infine il ritorno di Trieste all’Italia (ottobre 1954), la parte “narrativa” del libro si riempie di aneddoti storici.
Durante questo tempo, la trattoria di Mamma Rosa, con la perspicacia di Ariodante, si trasforma nel ristorante “Da Dante”, ampliando i locali, arredando le sale con raffinato gusto,Saletta '700 veneziano jpg dopo aver aperto un’entrata sull’alberata via Carducci, con antistante spazio all’aperto protetto da un gazebo (foto in testa all’articolo), per quei tempi l’ultima moda. E all’ultima moda, Dante cercò sempre di attenersi, addirittura precorrendola, come quando, agli inizi degli Anni ‘50, adottò il “menù a prezzo fisso” o “menù turistico”, precisando che esso comprendeva «un pasto completo a scelta tra tutti i piatti inclusi nel menù».

La sua ‘lista cibaria’ comprendeva piatti nazionali e internazionali, Lista cibaria jpgcome eterogenea era la sua clientela, attratta dalla fama del locale. Oltre ai notabili cittadini che sceglievano il ristorante di Dante per i banchetti di qualche solennità o i personaggi del mondo culturale locale, vi venivano a desinare politici e personalità di passaggio e artisti in tournée a Trieste (da Vittorio Gassman a Ornella Vanoni, da Louis Armstrong a Telly Savalas).

La seconda parte del libro raccoglie 100 ricette sulle 3233 accuratamente descritte in 9 fascicoli da Dante stesso, targate Francia, Grecia, Olanda, Svizzera, Ungheria, URSS, Islanda e Svezia, ma in cucina venivano elaborate pietanze ricavate anche dalle gastronomie esotiche: Cina, Giappone, India, America del Nord, America del Sud, e il cuscus dell’Africa Settentrionale.

La cantina era fornitissima. In un ristorante così alla moda e all’avanguardia in una Trieste neo-italiana non potevano mancare le etichette di diverse regioni: dal Tocai e Sauvignon del Conte d’Attimis al Soave del Veneto, al Bardolino del Garda, o, passando per alcune cantine piemontesi e dell’Alto Adige, alle cantine del barone Ricasoli e del marchese Antinori; ma anche vini e spumanti francesi erano presenti.

I fasti dello storico ristorante “Da Dante”, dopo aver incassato 1 Stella Michelin e 3 Forchette, si concludono con il novembre 1969, quando il figlio Lio preferì la scrivania da impiegato ai fornelli.

Maura Sacher


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