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Cucinando sul mare

Ovvero: quando un evento di cultura gastronomica si trasforma in sagra paesana.
Sono giovane e pure incazzato. 
Ma cari lettori, voi mi conoscete, non spreco pagine per demolire persone e attività, soprattutto se queste riguardano la mia regione di pertinenza, la Sardegna e in particolare il Sulcis-Iglesiente.

Tiro perciò un respiro e comincio a raccontare. 
Ricevetti qualche tempo fa l’invito a partecipare, come critico enogastronomico, a una manifestazione a tema dell’11 agosto “Cucinando sul mare” che si è tenuta per la sua seconda edizione sul lungomare di Portuscuso, una ridente cittadina costiera nota per l’oramai desueta pesca del tonno.

Lo scopo era quello di promuovere i prodotti locali cucinati da chef della zona che si sarebbero sfidati in un contest in cui a decidere il vincitore sarebbe stata una giuria popolare e una “tecnica” composta da alti nomi del food and beverage.

Mi era stata data come “punta” il nome di uno degli organizzatori (che preferisco non proferire), lo contatto, lui  con simpatica disponibilità e sapendo che tipo di lavori svolgo mi aveva chiesto di partecipare alla serata con un intervento sui vini sardi e con la presenza alla giuria popolare, perché quella tecnica, composta peraltro da Chef Rubio (che ha alzato di molto il livello), non poteva più essere rimpolpata.

La location era delle migliori perciò ne approfittai per potermi godere un po’ di sole sorseggiando un calice di Vermentino. Sembrava tutto filare liscio, o perlomeno pensavo, abituato com’ero all’ospitalità che da sempre caratterizza il mio popolo, i sardi.
Niente di più fallace: ora dovrei essere qui a raccontarvi di come sia andato tutto bene, delle prelibatezze che ho assaggiato, del mitico tonno alla Portoscusese, magari in abbinamento con calici incredibili. Nada. Arrivo lì e l’organizzatore non c’è, chiamo e richiamo senza ottenere risposta, e la sensazione di non essere voluto incalza sempre di più.
“Ci saranno dei contrattempi” pensai. Sono all’interno dell’organizzazione di eventi a tema da un po’ e so che per quanto si possa progettare tutto nei minimi dettagli qualche cosa, prima o poi, salta.
Finalmente riesco a incontrarmi con l’organizzatore che mi saluta con un tono un po’ sorpreso, in effetti vedendoci per la prima volta, pensava magari che, per avere tutte le qualifiche che possiedo, si aspettava di avere davanti un personaggio più vecchio, più tarchiato, più canuto.
Scrivere per la rivista online di enogastronomia preferita da Google non bastava?
Avere contatti diretti con le altre big del settore non andava bene?
Occuparsi dell’apparato comunicativo di un bel consorzio vitivinicolo integrato col territorio non era sufficiente?
Essere nell’ambiente da 7 lunghi anni non era convincente?
Chi lo sa. Fatto sta che da lì comincia il tracollo.
“No ma figurati, un posto per te lo troviamo” dice il patron della serata.
E io aspetto seduto su una sedia da giardino bianca dietro le quinte pagando, di mia tasca, ogni singolo calice di Carignano che degusto accompagnato dal totale sbigottimento degli operatori della strada, molto motivati ma poco formati, del vino alle mie richieste su quel liquido pregiato che, per me e forse solo per me, vale come oro.

“Ha fatto malo-lattica? 
Ha fatto barrique o toneau?
In acciaio o in vascone?”
domande che non troveranno mai una risposta. 
E su vini, tutti rossi eccezion fatta per un bianco e un rosato, che non trovano riscontro neanche nei piatti offerti, tutti di pesce.
Non ho mai visto  un sommelier sudare così freddo per imbastire degli abbinamenti. 

Rabbrividisco, da estimatore di metodi classici quale sono, nel vedere il mio bel Carignano scaraffato ai giudici popolari su coppe da Champagne, peraltro in plastica.
“Mah io sono qui che aspetto..che faccio mi siedo tra la giuria popolare?”
chiedo io nutrendo molta pazienza e scacciando i morsi della fame con una sigaretta dietro l’altra.
“No non c’è più posto neanche lì” sbigottito per l’ennesima volta, mi metto in pace sulla mia bella sedia a sorseggiare qualche altro calice.
Il mare e il tramonto sono troppo suggestivi per poter dar spazio al nervosismo, inoltre il mio intervento era già stato scritto e sarebbe stato veramente disdicevole non poterlo condividere con gli estimatori del genere.
Vedo passarmi davanti, visto che ero dietro le quinte, il trash più trash della Sardegna, Miss Bidda (in italiano Miss Villaggio) divenuta popolare nell’isola grazie al gruppo comico La Pola, danno spazio a tutti, belli e brutti.
Questa è la qualità?
Questa è serietà?
Questa è cultura?
Le luci del palco che si spengono e i tecnici che lo smontano mi fanno capire che per le mie parole, per i miei racconti appassionati  del vino sardo non c’è spazio.
Ecco come molto spesso eventi di grande potenziale comunicativo si svendono, non considerando che certe presenze di cultura possano attrarre forse non tanti turisti ma almeno quelli giusti, gli aficionados, gli estimatori, pronti a remunerare con le loro tasche questa cultura.
Ho riflettuto molto se fosse il caso di condividere con voi cari lettori questa mia esperienza, che mi riporta al passato, quando ero un novellino, quando in effetti il mio lessico sul cibo e sul vino era in fase crescente.
Ora lo è sempre di più e qualche felice traguardo lo testimonia.
Del resto è giusto, per una completezza critica, saper usare il bastone e la carota ed era ora del bastone.
Peccato che questa volta la carota non sia passata per il cavo orale…
G. Camedda


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Redazione

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