Tribuna

Conferme e sorprese al focus romano di Go Wine sulla Campania

Come ogni anno si è ripetuto all’Hotel Savoy il classico appuntamento del calendario Go Wine nella capitale

La Campania ed i suoi vini sono ormai da anni uno dei cavalli di battaglia nel programma annuale che Go Wine dedica agli appassionati romani. Un focus molto utile per capire la progressione di questa viticoltura e come si posizioni all’interno del mercato vinicolo nazionale.

Protagonisti in bianco Fiano, Falanghina, Greco di Tufo e Coda di Volpe. In generale si può certamente affermare che la viticoltura Campana cresce di anno in anno, proponendo vini sempre più identitari e legati al territorio.

La varietà ambientale dei territori propone vini che hanno sempre una loro personalità definita e si scostano sempre più dai modelli stereotipati che anni fa li rendevano un po’ tutti simili, alla ricerca di facili consensi.

Non più eccessi esuberanti ma la ricerca di un profilo organolettico che mira ad assecondare nel bicchiere quello che regalano le caratteristiche pedoclimatiche. Dimostrazione di questo percorso tanti vini che già da tempo ormai hanno tracciato la loro via, come la batteria di degustazione di Terredora Di Paolo tra cui il Fiano diretto nella sua essenzialità senza inutili orpelli, tutto gusto, spessore e sostanza. Fratello del Greco di Tufo cha alla cifra stilistica del precedente aggiunge una veste più rigorosa che ne completa l’eleganza.

E a proposito di eleganza  ha riscosso consenso unanime Lucinda Coda di Volpe dell’Azienda Amaranto, fine nel bouquet dei profumi ed equilibrato nel sorso, che grazie alla freschezza si allunga nel finale estremamente piacevole. Complessivamente i vini bianchi Campani hanno mostrato una grande qualità stimolando il quesito dei prezzi.

È curioso infatti constatare come vini di questo livello in altre zone d’Italia riescano a spuntare mediamente prezzi più alti. Effetto certamente di politiche distributive che pagano un ritardo rispetto al nord del paese, un gap che però l’entusiasmo e l’impegno delle nuove generazioni di viticoltori sta pian piano riducendo.

Per i rossi naturalmente la corona del Re è spettata all’Aglianico ed anche qui il focus proposto da Go Wine ha reso l’idea dell’evoluzione di questo vitigno dal potenziale enorme ed ancora quasi totalmente inespresso. Un gigante che ha bisogno di essere atteso con pazienza in cantina, le sue caratteristiche di durezza iniziale infatti necessitano del tempo come ingrediente necessario per restituire grandi vini.

Questo comporta scelte di investimenti importanti che non sono alla portata di tutte le Aziende e per questo motivo in passato l’incontro con l’Aglianico uscito troppo presto sul mercato, spesso non ha destato grandi entusiasmi.

C’è però da osservare come le nuove leve di produttori abbiano trovato il modo di vinificarlo proponendo bottiglie più giovani e abbastanza pronte al consumo e alcune presenze in sala hanno confermato questa tendenza. Tipo il Falerno del Massico di Villa Matilde 2018 a cui il  20% di piedirosso restituisce già grande bevibilità ed equilibrio ad una bottiglia da bere con grande gusto.

La longevità però rimane indubbiamente il fattore in grado di  esaltare questo vitigno e ne è riprova l’Aglianico 2011 di Cantine Gambale che già dal naso rende palese l’effetto del tempo. Al frutto corposo di ciliegia gustosa si aggiungono sfumature balsamiche, alloro, tabacco, erbe aromatiche dolci e note di cacao, mentre in bocca il tannino non più irrequieto mantiene la sua potenza accarezzando il palato senza nessuna spigolatura. Equilibrio e persistenza ne contraddistinguono il sorso estremamente piacevole.

Bruno Fulco

 

 

 


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