Interrompo per qualche puntata la serie degli “esempi che spiccano” per entrare in sintonia con il clima delle Festività che ci accompagneranno fino all’Epifania, e partecipare assieme ad ognuno dei lettori ai “retroscena” degli eventi che ci hanno visto e ancora ci vedranno riuniti a tavola.
A quest’ora, nel giorno in cui la chiesa cattolica dedica a Santo Stefano protomartire, ossia il primo martire cristiano, opportunamente ricordato il dì successivo a quello che celebra la nascita di Gesù, già si sono concluse le ritualità delle Cene della Vigilia e del pranzo di Natale, chi in ristorante e chi in casa con la propria ristretta famiglia oppure con il parentado.
Le tradizioni famigliari sono molteplici, dipende da come ce le hanno impostate i nostri avi: tutti a casa dei nonni paterni, anche macinando chilometri di autostrada, meno frequentemente dai materni, giacché prevalgono le esigenze del figliolo di soddisfare le aspirazioni della propria “santa mamma” (che stranamente solo i maschi hanno …).
Le Feste Natalizie sono un vero stress, non solo per le corse ai regali da assegnare ad
ognuno secondo le sue necessità o aspettative (o piuttosto secondo il nostro gusto), non solo per la programmazione di un menù consono, ma soprattutto per l’impegno di scegliere chi invitare e forse anche l’incognita di chi all’ultimo momento non verrà, o si presenterà non invitato.
Tra una regione e l’altra, gli usi sono diversi: chi dà priorità simbolica alla Cena della
Vigilia (si mangia di magro, ossia pesce, spendendo capitali per impressionare i commensali) e chi dà supremazia al Pranzo del 25 dicembre (ove si mangia di tutto, con una serie impressionante di portate, e si termina praticamente all’ora di cena, per cui un’aggiunta di qualcosa altro è d’obbligo).
Ci sono famiglie che ossequiano entrambi i pasti, con stress raddoppiato.
Poi c’è la seconda festa, il 26 dicembre, ove tradizionalmente si invitano gli amici e si presentano gli avanzi, con tanto di elaborazione creativa nel riciclo.
È scontato si arrivi stressati alle fatidiche date, odiando cordialmente famiglia, parenti, amici, gli squilli del telefono e la cicalina dei messaggini sul cellulare, nel cocente desiderio di cancellare questi giorni dal calendario per sempre.
Anche perché il ritrovarsi tra parenti non è sempre una gioia infinita, specie se ci si sente il cappio dell’obbligo, per l’occasione unica in tutto il resto dell’anno. L’inizio delle offensive solitamente avviene a fine pranzo. Può capitare che, disinibiti dal tasso alcolico delle buone bevute emergano rancori atavici, vengano rinvangate beghe di varia natura e non di rado discordie su divisioni ereditarie. Molto spesso, semplicemente, resuscitano invidie e infantili gelosie, specie tra fratelli e sorelle.
La sceneggiatura della commedia tragicomica di “Natale a casa Cupiello” né è una somma.
E non per niente Agatha Christie scriveva “Natale è il giorno ideale per un omicidio”.
I dissapori nei giorni che dovrebbero essere i più sereni di tutto l’anno fanno parte della tradizione in molte case, ma per fortuna passano nel dimenticatoio, come le pentole e le stoviglie che alla fine si ripongono dopo aver impiegato ore a lavarle. Almeno sino al prossimo Natale.
Per fortuna a Capodanno siamo sciolti da vincoli e ci scegliamo liberamente dove e con chi stare, per il nostro piacere e in serenità. Auguri.
donna Maura
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