Tribuna

Chi prenota in ristorante è sempre il “padrone di casa”? non è sempre vero

Quando, per mille motivi, non si vuole organizzare una cena in casa, si ricorre al ristorante prenotando a proprio nome un tavolo, una tavolata o una sala per un certo numero di posti quanti gli invitati, ovviamente con la cura di preavvisare il locale sulla forma del ritrovo ed avvertendo con garbo tutti gli “ospiti”. Ciò evita ogni dubbio su chi salderà il conto.

È regola che chi prenota al ristorante col proprio nome viene considerato il “padrone di casa”, per cui oltre ad essere il primo destinatario delle attenzioni, ad esempio per la scelta dei vini, diventa anche l’ultimo con la presentazione del conto. Se ciò corrisponde al programma della conviviale, non ci dovrebbero essere problemi per il servizio, il “padrone di casa” (alias “anfitrione”) va servito per ultimo, come fosse a casa sua. L’unico problema per il personale è sapere se è solo o accoppiato, dato che i “padroni di casa” vanno entrambi serviti per ultimi, lei ultima delle signore, lui ultimo dei signori.
Pertanto, è meglio farsi riconoscere dal maitre, il quale darà adeguate disposizioni.

Ma non sempre tutto va liscio secondo le regole. Quando le ordinazioni sono libere, alla carta, le pietanze in cucina vengono preparate secondo il criterio dello chef e in tale sequenza entrano in sala. Eppure come non infastidirsi quando tra i commensali che hanno ordinato la medesima pietanza i piatti vengono assegnati senza logica se non quella della celerità di servizio? La regola delle precedenze va a farsi benedire. Bisogna adattarsi ed aspettare che tutti siano serviti prima di afferrare la posata.
Inevitabile si presentino contrattempi nella forma del servizio, facile salti la graduatoria con il rischio che l’ospite principale resti ad attendere la sua pietanza mentre l’ospitante è già servito. Un disastro per il promotore della conviviale!

Non è molto elegante, ma è ultra-consigliabile concordare preventivamente un menù fisso, in caso di convitati numerosi. In tal modo i camerieri non possono sbagliare le precedenze.  

Ma se in ristorante arriva una famigliola o un ridotto gruppo di commensali, avendo una voce femminile prenotato il tavolo, chi assicura il responsabile del servizio che il nome della targhetta sul tavolo riservato corrisponda a colui che invita e quindi paga e, a rigor di norma, dovrebbe essere servito per ultimo? Si può pensare che una signora paghi per tutti senza che lo abbia specificato all’atto della prenotazione? Perché deve essere servita per ultima?
Ebbene come si fa a non provare contrarietà se il giovane cameriere, portando tre piatti, posa il coperto prima alla tua giovane e carina figliola poi a tuo marito e infine a te? Chi sei tu per lui? Il portafoglio matriarcale? Come fa a saperlo?
Dove sono finite le regole delle precedenze? Qui siamo agli antipodi dell’esempio dell’articolo precedente dove ho raccontato della caposala che disponeva il servizio scendendo d’età tra tutte commensali donne.

Le vecchie scuole insegnavano la «regola della persona più importante», in verità non semplice, perché implica attenzione, intuizione e buon senso. Ma dove si impara che una ragazzina è più importante della sua veneranda madre e quest’ultima addirittura meno del marito?

donna Maura
m.sacher@egnews.it


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