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Caffè italiano nello spazio

Come avrebbe potuto essere diversamente? Ora che il settimo italiano in tredici anni ha raggiunto il sogno di staccare i piedi da questa Terra e librarsi nello spazio, quale è la più grande nostalgia? Una tazzina di caffè espresso doc!

Un’équipe di tecnici spaziali, ingegneri, informatici, chimici, biologi, da alcuni anni, ancora prima che i desideri degli astronauti nostrani si manifestassero, si erano messi al lavoro per creare un marchingegno che potesse essere utilizzato a produrre un caffè in ambiente spaziale, ove gli scienziati, per ora, sono riusciti a contenere l’assenza di gravità ai minimi accettabili per un corpo umano.

Dieci anni fa il calendario Lavazza raffigurava il “caffè nello spazio”, era un’idea da fumetti di fantascienza il sogno di mandare in orbita l’espresso Lavazza e la sua tazzina.
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Oggi, l’espresso in assenza di peso è diventata una realtà.

Una macchina bianca, dal peso di 20 kg, studiata in tutti i dettagli secondo principi di fisica e di fluidodinamica, calibrati sui requisiti delle vigenti norme nazionali in tema di salute, igiene e sicurezza, dopo tutte le immaginabili procedure burocratiche di controlli, è stata alfine prodotta dall’azienda ingegneristica aerospaziale torinese Argotec, per conto di Lavazza e battezzata ISSpresso, prendendo il nome dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), su cui sarà installata.
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Si preparerà introducendo in apposita sede la usuale capsula con il caffè in monodose, l’acqua verrà portata in pressione da un sistema elettrico ‘non convenzionale’ e aspirata attraversando un tubicino di acciaio speciale capace di resistere alla pressione nello spazio, che filtrerà in un sacchettino il prezioso risultato. Si sorbirà con una cannuccia, allo stesso sistema con cui gli astronauti attualmente bevono i liquidi.
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È dall’agosto del 1992 che astronauti italiani, vanno e vengono dalla Stazione Spaziale Internazionale e si sono dovuti adattare a quanto passava il convento, ma con Luca Parmitano, nella sua missione 2013, il capriccio italiano si è fatto prepotente: basta brodaglie concentrate, surrogati, cibi insipidi. Grazie a fitti studi e sperimentazioni tutti nostrani, e alle competenze professionali dell’Argotec, azienda ingegneristica aerospaziale torinese, con la collaborazione di chef altamente qualificati, Parmitano portò nello spazio lasagne, risotto, caponata, parmigiana di melanzane e tiramisù, che tra l’altro furono condivisi tra i compagni e molto apprezzati. Non è solo nazionale la voglia del Made in Italy!

Ora tocca a Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana nello spazio, far conoscere le specialità da gustare per vivere meglio in quelle condizioni, e tra poco sarà fornita anche del caffè in capsule, un grande conforto, che rende un po’ più vicina l’idea di ‘casa’, ma soprattutto un grande lavoro d’immagine.
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È stato ben illustrato: una volta a bordo, il “corner coffee” sarà al centro dei momenti sociali della Stazione spaziale, attorno al quale riunirsi, e confortarsi. Per questo Lavazza ha pensato a capsule in grado di andare incontro ai gusti di tutti i partecipanti alla missione, anche a quelle future, ossia di preparare non solo l’espresso classico, ma anche il caffè lungo, il cappuccino, e le bevande calde, come tè, tisane e persino il brodo, con la reidratazione degli alimenti.
Insomma, un menù completo all’insegna della qualità tutta tricolore.

Maura Sacher


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