Tribuna

Bologna “dotta & grassa 2°parte

Piovene, nel trattato “Viaggio in Italia” di inizio XX° sec. evidenziava che “… Bologna e l’Emilia hanno la più ricca e celebre cucina d’Italia”, per cui ne consegue che questa città è sinonimo di buona tavola, di piatti raffinati e ghiotti che saccenti buongustai sanno apprezzare.

Del resto, è accertato e noto, che Bologna acquisì fin dai primi secoli del II° millennio, la duplice e legata nomea di dotta e grassa, in virtù della forza produttiva del contado circostante e della dinamicità dei suoi snodi commerciali che permisero un costante approvvigionamento per studenti e docenti che ne animavano la vita comunitaria.

Documenti del XII° sec. riportano notizie riguardanti l’approvvigionamento dei generi di consumo: dalle verdure alle carni ed attraverso la fitta rete di canali, dal mare giungeva sempre fresco il graditissimo e ricercato pesce. Oltre alla carne bovina di provenienza romagnola, non va dimenticato il maiale per la ricchezza e la varietà dell’offerta gastronomica che si poteva trarre dalla lavorazione delle pregiate carni. Gli storici felsinei rammentano che nelle guide italiane e straniere non mancava mai un riferimento alla fama della “mortadella”.

Dunque Bologna “Dotta e Grassa” fin dall’inizio della sua prosperità medievale, per la vocazione e la facilità dei transiti, alle relazioni commerciali ed aperture verso paesi diversi, al mondo accademico che le permettono di proporci una cucina sensibile alle modificazioni, produzioni ed elaborazioni provenienti da altre località purchè in grado di arricchire le tavole bandite di oltre 150 osterie e 50 alberghi che esercitavano alla fine del Trecento, all’interno della possente cinta murale che ne delimitava la città medievale.

La personale realtà produttiva potè consentire lo sviluppo delle tante presenze di elevata fama culturale richiamate dall’Alma Mater, giungendo ben presto ad una dimensione internazionale ed eccellente a riguardo della gastronomia: su tutto, nella loro esemplarità, la mortadella, le tagliatelle ed i tortellini, in quanto vive espressioni della cucina bolognese che affondava nelle produttive radici agricole.

Negli anni ’70, per dirimere le dispute sorte tra le famiglie conservatrici del segreto per la produzione del “ripieno” necessario per farcire piccoli e sottili quadrati di sfoglia, intervenne la “Dotta Confraternita del Tortellino” che depositò la ricetta codificata, presso la Camera di Commercio di Bologna.
E’ giusto tuttavia, come tutti i piatti della tradizione, che anche il tortellino conservi un alone di mistero e continui ad appartenere a tutte le famiglie che lo amano e confezionano con cura.
Si ricordi inoltre, che la buona cucina va sempre accompagnata con vini provenienti da vitigni autoctoni legati indissolubilmente allo stesso territorio per cui, ad un ottimo piatto di tortellini in brodo ottenuto dalla cottura di manzo e cappone o gallina con tutti i suoi componenti vegetali che ne completano la piacevolezza, poichè per tradizione è così che si gustano pienamente, il Pignoletto DOC Colli Bolognesi, frizzante e secco, giallo paglierino scarico con impercettibili riflessi verdolini dai sentori fruttati e delicate note aromatiche, ne esalta i sensi nel nome di Bacco.
Prof. Pier Luigi Nanni


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Redazione

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