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Bell’Italia mette Torino in copertina

Il numero di Novembre di Bell’Italia, il mensile con un sottotitolo che ne spiega la filosofia “Alla scoperta del paese più bello del mondo” dedica a Torino la copertina ed un servizio di tredici pagine curato dalla giornalista Rosalba Graglia con fotografie di Gabriele Croppi. bellitalia_nov15

 

Scopriamo una Torino dall’impronta inedita che forse neppure i torinesi spesso distratti rispetto a quello che succede in città conoscono, un grande fermento, una voglia di  cambiamento. L’itinerario proposto esamina la trasformazione urbanistica di Torino entrata a far parte dal 1° dicembre 2014 del Creative Cities Network, categoria Design, dell’Unesco. Importante riconoscimento che la città ha ottenuto grazie ai numerosi progetti di arte e design. E subito mi vengono in mente  il 25 Verde, primo edificio foresta dell’architetto Pia a pochi passi dal Valentino e dal Centro storico Fiat ed ancora la casa Hollywood di corso Regina le cui ampie vetrate in legno ripropongono il disegno originario del proscenio del Teatro Popolare, edificato nel 1891 dagli ingegneri Gilodi e Riccio e bombardato nel 1943, quindi trasformato in cinema. Esempi citati e riportati dalle più prestigiose riviste di architettura.

L’insolito percorso di Bell’Italia va alla ricerca degli spazi industriali dismessi diventati spazi espositivi, luoghi d’incontro, centri pubblici restituiti alla cittadinanza. Campus Einaudi nato grazie al recupero dell’area Nord Orientale di Torino, tra Lungo Dora Siena e Corso Regina Margherita, la così detta zona ex Italgas, che porta la firma dell’architetto inglese Norman Foster, uno dei maggiori esponenti dell’architettura high-tech; il museo di arte contemporanea dedicato al pittore torinese Ettore Fico inaugurato nel settembre 2014 ricavato da una ex-fabbrica dismessa, la Sicme (Società industriale costruzioni meccaniche ed elettriche); la fondazione Merz nell’ex centrale termica Officine Lancia in Borgo San Paolo; Nuvola il centro direzionale Lavazza dell’architetto Cino Zucchi che sorgerà nel quartiere Aurora, un’area che nel tempo ha ospitato le attività della Società Elettrica Alta Italia, della Sip e infine dell’Enel. Ed ancora la stazione ferroviaria di Porta Susa, una galleria longitudinale, in acciaio e vetro, lunga 385 metri e larga 30,  la parte alta delle vetrate è rivestita di cellule fotovoltaiche che consentono di produrre una parte del fabbisogno di energia elettrica della stazione stessa che ha ricevuto  il titolo di “Migliore stazione di grosse dimensioni UE 2013” dallo European Rail Congress mentre la copertura con sistema fotovoltaico si è aggiudicata il Premio Solare Europeo 2012 per la migliore architettura urbana bioclimatica. E proprio nello spartitraffico vicino alla storica stazione di Porta Susa troviamo da qualche giorno  “Sintesi 59” l’opera di Armando Testa, una sfera e una mezza sfera di acciaio nero, di circa 5 metri di altezza, a ricordare la creatività e quello stile che fondeva e rielaborava arte, moda, cinema e design. Ed ancora il grattacielo Intesa SanPaolo disegnato da Renzo Piano, con soli due metri in meno della Mole Antonelliana.

Anche le Luci d’Artista che quest’anno compiono 18 anni sono un segno non solo di trasformazione, ma con alto valore scenografico: 24 installazioni luminose, di cui 20 appartenenti alla collezione originaria. L’edizione 2015 conta 4 nuove opere  luminose di cui una tutta torinese, creata dall’artista Piero Gilardi, che si intitola “Migrazioni”. Lo scultore ha sviluppato il tema della migrazione attraverso l’esposizione di una dozzina di pellicani che spiccano il volo per raggiungere un clima più favorevole.images

Curiosando nei giardini da alcuni anni troviamo le opere d’arte di un dipendente del settore Verde pubblico del Comune di Torino che utilizza solo materiali di recupero. L’ultima in ordine di tempo i due amanti in bici è collocata al giardino Lamarmora e rappresenta il seguito dell’uomo sulla panchina, con la rosa sfiorita, in attesa. IMG_1008

La Torino di oggi è cambiata e credo che pochi si sarebbero aspettati che con la crisi della Fiat la città avrebbe mostrato in tempi così rapidi un volto nuovo. Sono tanti i punti di riflessione, andiamoli a cercare, dimentichiamo il pudore sabaudo e se non ci credete possiamo anche ammalarci del Mal di Torino, cosi ben descritto nel libro del torinese  Fabrizio Vespa.

 Piera Gentacop


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Redazione

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