Tribuna

Altro cattivo esempio: agitare le posate

Ho sempre pensato che uno scrittore di romanzi e altrettanto uno sceneggiatore, nel descrivere i personaggi pongano cura ai loro gesti in quanto caratterizzano la personalità, e pertanto li faccia comportare in un certo modo per collocarli nel loro ambiente e si sa quanto valore abbia l’immagine.

Per mia innata deformazione, in tutte le rappresentazioni filmiche (al cinema, in televisione) ho sempre prestato particolare attenzione alle scene attorno alla tavola.
Mi piaceva osservare l’apparecchiatura, il modo di servire, di mangiare, di star seduti. Tutto mi sembrava impeccabile, con i commensali dalla schiena ben diritta e non piegata verso il piatto, il tovagliolo sulle ginocchia, l’uomo che versa il vino alla donna, e tanto altro.
Tuttavia notavo degli aspetti che non corrispondevano agli insegnamenti che ricevevo in casa. Per esempio, mi rendevo conto come fosse diversa la mia educazione, riguardo al tenere in vista sul tavolo anche la mano “inoperosa”, dai modelli immortalati nei film americani, ove la mano che non usa la posata si tiene accuratamente nascosta, posata in grembo.

Va bene, è questione di Galatei, ogni Paese ha il suo, ma rabbrividivo, e ancora mi procura fastidio, vedere, durante le conversazioni, con gran frequenza la mano che impugna forchetta o coltello gesticolata e indirizzata verso qualcuno, nel sottolineare qualche frase pronunciata.

Fin troppo spesso tale gestualità viene ripetuta nel corso di cene ambientate in contesti in cui si muovono figure di un ceto medio-alto, manger in carriera, professionisti di varie categorie, insomma quei personaggi che vengono raffigurati, più o meno, come ideali da desiderare di eguagliare. La serie televisiva “Sex in the city” è una fonte di tali condotte.
Possibile che i registi facciano adottare dagli attori l’uso comune? O sono essi tanto ignoranti?

Non posso credere che siamo solo noi Italiani ad aver codificato come sgarbato e riprovevole il maneggiare le posate a guisa di armi da puntare contro le persone, segno di sfida, di minaccia, di intimidazione.
Perché, infatti, così viene inteso sia dal Galateo sia dal linguaggio dei gesti.
Al pari del dito indice mosso in direzione dell’interlocutore.

Mi auguro queste gestualità non si manifestino in banchetti ufficiali ai quali partecipino personalità di rilievo, sociale, politico, sindacale, perché in tal caso – tra animi accesi – esse potrebbero essere davvero scambiate per come sopra ho enunciato, invece che considerate semplice ignoranza del Galateo.

E ci si guardi bene dall’adoperare allo stesso modo le bacchette in ristoranti cinesi e giapponesi o coreani. Agitare o puntare i bastoncini di legno è un gesto riconosciuto in quelle culture come altamente volgare. Sembra che quei popoli tengano alle corrette maniere molto più di noi occidentali.

Maura SacherBacchette_giapponesi


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