I Viaggi di Graspo

Alla Fondazione Edmund Mach il futuro è di casa

Alla Fondazione Edmund Mach il futuro è di casa

Alla Fondazione Edmund Mach il futuro è di casa

La botte del fondatore.

Era il 1874 e la dieta di Innsbruk diede l’assenso alla costruzione di una scuola che potesse coadiuvare la viticoltura delle zone (italiane) dell’impero asburgico ad affrontare meglio l’incalzante problema della fillossera.

Momento della presentazione con il servizio dei tre bianchi, Brepona, Leonicena e Liseiret

La scuola, gemella di quella di Parenzo in Istria, è stata pensata sulla falsariga di quella di Klosterneuburg diretta da Willhem von Babo. 

Il primo direttore della scuola fu un insigne studioso, Edmund Mach dal quale ha preso il nome della fondazione con la quale l’intera struttura si regge. 

Che sia stata una ottima idea, non solo per quelle zone prima ma per tutta l’Italia, è fuor di dubbio.

Il servizio dei tre vini rossi, Rossa Burgan, Pontedara e Pattaresca

Oggi la FEM (Fondazione Edmund Mach) si trova al centro della ricerca del settore viticolo-enologico del sistema Italia e non solo. 

L’Istituzione da anni si occupa di ricerca a tutto tondo ed è punta di diamante del sapere viticolo per l’individuazione di nuove varietà resistenti o tolleranti a diverse fitopatie, i cosidetti PIWI dal tedesco (Pilzwiederstandfeig). 

Oggi se la ricerca è orientata verso questi obiettivi non trascura l’osservazione delle varietà storiche caratterizzate dal loro forte legame con il territorio e dalle loro peculiari caratteristiche di resilienza in chiave di cambiamento climatico. 

Da sx Aldo Lorenzoni, Marco Stefanini e Luigino Bertolazzi alla presentazione del lavoro di Graspo

Per questo non poteva mancare su invito di Marco Stefanini, ricercatore presso la FEM, e di Mario Pezzotti responsabile del Centro di Ricerca ed Innovazione di FEM una visita del gruppo di Graspo per una presentazione ufficiale a tutto lo staff dell’ultimo volume sulla Biodiversità Viticola. 

Si è trattato di un incontro scambio che ha toccato un pò tutti i temi del discorso vite /vino nell’ambito della ricerca e della conservazione del germoplasma viticolo. 

Foto di gruppo di tutti gli intervenuti

Graspo da tempo lavora per il recupero dei vitigni abbandonati o dimenticati nell’angolo della storia, mentre l’equipe di Marco Stefanini è istituzionalmente orientata verso obiettivi che fanno delle resistenze, alle ampelopatie, il focus principale. 

L’interesse del gruppo di ricercatori della FEM, per il nostro lavoro è stato evidente e convinto, supportato da una degustazione di 6  vini che fanno parte del consistente carnet (ben 62) di micro-vinificazioni effettuate la scorsa vendemmia. 

Non sono vini casuali ma vini del cuore, perché rappresentano delle autentiche perle enologiche della ricerca sviluppata da Graspo.

 Il primo vino presentato è la BREPONA, una bianca di area soavese di buona struttura e sapidità, messa all’angolo dalla grande plasticità della Garganega, ma che merita almeno la medesima dignità.

 Il secondo vino è,figlio della Leonicena, una varietà quasi scomparsa caratterizzata dalla straordinaria resistenza al gelo e con una ottima tolleranza alla attuale peste viticola la flavescenza dorata un fitoplasma trasportato dallo Scafoideus Titanus che sta facendo strage in Veneto e non solo. 

Il vino prodotto da questo vitigno è estremamente sapido con una grande freschezza acida.

Uno scorcio della splendida cantina storica

 Il terzo vino viene dai monti Lessini, in un vigneto a 700 m slm  dove Graspo ha individuato alcune viti di Liseiret/Gouais Blac/ Weisser Heunisch, una delle varietà fondanti della moderna viticoltura genitore di vitigni illustri come Chardonnay, Gamay, Riesling,  Furmint ed altre 80 varietà. 

In questo vitigno la ricchezza è la grande capacità di conservare l’acidità fatto che ci induce a pensarlo in chiave spumantistica e di coltivazione a quote più basse, ottima la freschezza e la piacevolezza acido salina.

 Per i rossi sono stati presentati tre vini iconici, in primis la Rossa Burgan una vite di ottima produttività estremamente tollerante alle fitopatie in genere.

Antonio Tebaldi, custode di GRASPO, consegna il materiale per la ricerca alla FEM

L’analisi del DNA ci parla di un fortuito connubio fra Cavrara e Garganega che ha saputo trarre dai due genitori il meglio, e pur non mostrando doti di colore straordinarie ha una ottima evoluzione e piacevolezza nel tempo. 

Il suo custode ci assicura che come lavorazioni pota e poi raccoglie, fatto salvo lo sfalcio e la coltivazione sotto chioma.

 A seguire  un franco di piede, figlia della Lessinia, la Pontedara. Da sempre considerata uva per vini di alto lignaggio nei territori montani, possiede colore acidità e una buona tessitura tannica e con il tempo tende ad assumere l’eleganza del Pinot Nero pur avendo espressioni più marcate. 

Da ultimo una varietà veneta trevigiano/euganea la Pattaresca che ha da poco ottenuto l’iscrizione al registro dei vitigni del Ministero. 

Il vino ha una sua piacevolezza innata e bene ha fatto la commissione a ridare dignità enologica a questo meritevole vitigno. 

Speriamo che alla prossima tornata anche due dei vitigni appena degustati, la Brepona e la  Pontedara ottengano la sospirata autorizzazione, la loro storia lo merita ampiamente così come la loro predisposizione qualitativa. 

Lo scambio di idee e di informazioni fra Graspo e il gruppo del prof Stefanini accompagnato da un altro illustre ricercatore FEM Tiziano Tomasi e stata molto fruttuosa e sicuramente pensiamo avrà un seguito, magari con una loro visita al nostro sito di lavoro in Soave, ci sembra di capire che è più di una promessa.

Il viaggio continua..

 

Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi

Foto di Gianmarco Guarise

 

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Fondazione Edmund Mach

Via Edmund Mach, 1, 38098 San Michele All’Adige TN

https://www.fmach.it

 


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