Tribuna

Addio alle tradizioni gastronomiche?

Ci stanno provando da anni a distruggere le nostre tradizioni gastronomiche i difensori di animali, anche con dure campagne contro il trattamento delle bestie d’allevamento destinate all’alimentazione, specie in prossimità delle Grandi Feste, e a tanti hanno fatto effetto le immagini di Silvio Berlusconi che bacia un candido agnellino prima della Pasqua di quest’anno.
Forse più effetto di tante rumorose marce di protesta con minacciosi cartelli e proclami nel web, inviti a sottoscrizioni e deliranti giustificazioni di chi si proclama vegano.

Nella (libera?) opinione pubblica, che dovrebbe essere considerata “la maggioranza”, si è instaurato un riverenziale timore verso le convinzioni di certe “minoranze”, peraltro assai esigue, che prepotentemente irrompono a dire a tutti di cosa devono e non devono cibarsi.

È vero che, per svariati motivi storici, i gusti gastronomici si sono evoluti dalla lontana cucina imperiale romana, passando per quella medioevale dei feudi e delle signorie, quando pietanze come sughetti di lingue di fenicottero e di pappagallo, fritture di cervella di fagiano e di pavone, e vari volatili allo spiedo (tra cui colombi e tortore, ma anche altri uccelli oggi posti sotto tutela), erano considerate prelibatezze da esibire ai commensali. Ed è storicamente documentato che le tendenze in fatto di cibarie si sono adattate alle condizioni sociali e alle caratteristiche di quanto poteva offrire il territorio.
Cosicché molte pietanze sono sparite dalle tavole, e oggi altre spariscono e spariranno, dalle cucine e dai banchi di vendita, e non solo per improvvidi interventi della UE in tema di politica agricola e ittica.

Nuovo latente pericolo alle tradizioni gastronomiche arriva dal movimento animalista da poco fondato dal deputato di FI Michela Brambilla e tenuto a battesimo da Silvio Berlusconi. Propugnandosi “in difesa dei diritti degli animali”, la Brambilla (animalista da decenni) va in giro a pubblicizzare il nuovo movimento a difesa degli “esseri senzienti”, per intanto cani e gatti (che comunque non sono mai entrati nei libri di cucina italiani), ma pure cavalli, asini, maiali, conigli e simili quattro zampe e pure i bipedi, tipo pollastri, galline, tacchini, oche, senza contare i volatili, pregio dell’arte culinaria.

Che succederà nel prossimo futuro nelle cucine nostrane? Dovremo dire addio alle tradizioni gastronomiche e rassegnarci a modificarle? Siamo ad una svolta storica, si prospetta una nuova epoca nella gastronomia?

A nostro parere personale, attentare alle libertà di alimentazione è una violazione della libertà di espressione, diritto sancito dalla Costituzione, finché l’abbiamo.

Maura Sacher


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