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A carte c’è chi vince e c’è chi perde e poi c’è chi bara

A carte c’è chi vince e c’è chi perde e poi c’è chi bara

C’è chi vince e chi perde, quando si gioca a carte o a scacchi, e chi non sa giocare quasi sempre perde. È evidente che uno deve pur vincere!

C’è gente che non sa giocare bene le proprie carte, intese come le proprie potenzialità, come i propri meriti da far riconoscere, e perde. Non fa carriera, non viene promosso, a meno che qualcuno intervenga a mettere a posto le cose a suo favore, anche inconsapevolmente o a distanza di tempo.

Le operazioni di mischiamento delle carte, secondo i più smaliziati e incalliti giocatori, sono dei prodromi favorevoli ai partecipanti a cui tocca la prima mano, secondo altri a chi tocca l’ultima. Con gli scacchi è un’altra cosa, è favorito chi gioca per secondo.

C’è sempre il rischio di andare in tilt per lo stress, magari non avendo carte buone in mano. E c’è sempre una mossa segreta.

Io non sono un’esperta di giochi né di strategie, né di astuzia nel gioco, qualunque esso sia.

Ricordo che mio zio, scapolo, che per un periodo di tempo abitò a casa nostra, mi insegnò alcuni giochi di carte, scopa e briscola, roba da principianti.
Avevo poco più di sette anni, e mia madre non era proprio contenta.
Anche perché lui, lo zio, sbatteva le carte sula tavola tipo osteria, e mia madre non apprezzava questi esempi per la mia educazione da signorina.

Da più grande, mio padre cominciò ad insegnarmi Ramino e Canasta, con cui trascorrevamo le ore in attesa della Mezzanotte della Fine d’Anno in famiglia. Era roba di calcolo delle probabilità, con un pizzico di malizia, e i Jolly facevano la loro parte.

Ho provato gli scacchi, ma non mi hanno mai avvinto, probabilmente perché non ho avuto maestri pazienti. Preferivo la Dama, ma poi ho trovato un marito che mi batteva sempre.

Non so giocare a poker. Ci hanno provato ad insegnarmelo tanto tempo fa, ma non mi piaceva né puntare soldi (da ragazzi, non ne avevamo, puntavamo monete simboliche), né “fare le finte” né ero capace di restare impassibile davanti alle carte che avevo in mano.

C’è poi anche chi bara, chi “sa” barare, chi farebbe di tutto pur di vincere.
Nella vita ce ne siamo stati quasi tutti, almeno una volta, vittime: sul lavoro, nelle amicizie, e magari ce ne siamo accorti a distanza di tempo.

I giochi di potere

Io sono del parere che per fare vita politica bisognerebbe essere pratici di tutti questi giochi e soprattutto conoscere i propri avversari. Tutti abbiamo un punto debole.
Altrimenti, presi dalla smania di “vincere facile” (come recita uno spot pubblicitario), si va in confusione mentale.

Giocando male, fanno perdere tutti coloro che hanno scommesso su di essi.

Ultimamente li abbiamo visti questi nostri parlamentari nazionali fare una brutta figura davanti al mondo, indisciplinati, disorganizzati, panicati, incapaci di sistemare le figurine nelle caselle giuste e di trovare la soluzione migliore per il loro Paese, invece che per la loro poltrona.

Alcuni “volponi” sono ben coscienti di quanto valga l’astuzia di lasciare la mossa all’avversario, per poter mettere la vittoria in saccoccia.

La gente comune non si immagina nemmeno quanto i politici siano capaci di barare, mentire sfacciatamente, di confondere le acque, le idee degli elettori (quali poi?).
In fondo la politica sarebbe l’arte del compromesso.

Il compromesso che, però, quando bassamente inteso, serve ai principianti per mantenere la sedia, a cui hanno fatto già arrivare una quantità enorme di colla.

La maggior parte degli Italiani, quelli non strettamente e ideologicamente e non ciecamente allineati, ha ormai capito: nulla cambia, perché non si è capaci di cambiare.

E cosa potrà cambiare se alle prossime elezioni si ripresenteranno sempre gli stessi?

Maura Sacher

 


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