I Viaggi di Graspo

GRASPO e ONAV Catania portano a Vini Milo i Patriarchi della Vite, di Padre i Figlio.

GRASPO e ONAV Catania portano a Vini Milo i Patriarchi della Vite, di Padre i Figlio.

GRASPO e ONAV Catania portano a Vini Milo i Patriarchi della Vite, di Padre i Figlio. 

Grande oartecipazione alla srata per i Patriarchi della Vite

Le origini della vitis vinifera risalgono a circa 12.000.000 di anni fa, nella parte asiatica (zona dell’Asia centrale) e soprattutto nella parte della Mezzaluna Fertile, ovvero un territorio che allo stato attuale si estenderebbe in Egitto, Israele, Palestina, Giordania, Libano, Iraq, Iran, Turchia, Siria, Kuwait ed Arabia Saudita, racchiudendo alcune nazioni per intero ed altre in porzioni. 

In un arco temporale così lungo, la natura ha avuto modo di poter creare a seconda degli incroci fra alcuni vitigni capostipite, una quantità notevole di “nuove” specie di viti, ottenute tramite incroci naturali. Basti pensare che solo in Italia esistono oltre 600 vitigni (fra di cui molti sconosciuti ed a rischio d’estinzione). 

Ovviamente i vitigni più conosciuti, sono il risultato di incroci (quasi tutti spontanei) di vitigni poco conosciuti, o sconosciuti, oppure che ormai non esistono più, poiché nelle epoche passate venivano ritenuti non idonei per il tipo di uva da dover vinificare e quindi a seguito di ciò, venivano abbandonati, con il rischio di estinzione. 

Foto a fine evento con il Sindaco di Milo Alfio Cosentino

Venire a conoscenza che alcuni dei vitigni più coltivati ed allo stesso tempo conosciuti, derivino da incrocio naturale fra due vitigni, o che a sua volta tipologie di piante di vite che sembrano diametralmente opposte, possano considerate “fratelli” e/o “cugini”, è veramente un qualcosa che porta a far riflettere su come la natura possa dare quella imprevedibilità, ma allo stesso tempo destare sorprese che sono veramente notevoli. 

Tutto questo deriva dal fatto che i progenitori di tutti i vitigni (sulla base degli studi fatti fino ad ora) siano un paio, quindi basta avere un vitigno che abbia avuto incrocio con altri quattro vitigni, che per una semplice deduzione si hanno quattro vitigni diversi, che hanno un progenitore “fisso”, se a questo si va a considerare che ci siano stati incroci fra il vitigno progenitore ed i vitigni successivi ottenuti, il numero si amplia notevolmente, avendo però sempre una matrice che accomuna un po’ tutti. 

Edoardo Ventimiglia

Giusto per rendere le cose più chiare, il vitigno Grillo è il risultato dell’incrocio fra il Catarratto ed il Moscato d’Alessandria, o Zibibbo. Tale risultato fu ottenuto dall’ampelografo Antonio Mendola, quindi non in maniera spontanea, ma bensì voluta. Da questo si può dire che il vitigno Grillo, è da considerarsi come “figlio” del Catarratto e del Moscato d’Alessandria, a sua volta con altri vitigni che possano avere come matrice uno fra i vitigni Catarratto, o Moscato d’Alessandria, il vitigno Grillo risulterebbe come fratello. 

Di questi risultati ce ne sono diversi e nella maggior parte dei casi, sono in grado di destare non poco stupore.

Tutto questo è stato trattato nella prima serata della VINIMILO 2025 con una degustazione di vini ottenuti in micro vinificazione da vitigni rari e con altri vini prodotti da cantine italiane, mediante vitigni conosciuti e non a rischio estinzione, che comunque si inserivano nel contesto della degustazione intitolata “I Patriarchi della vite – Di padre in figlio”, curata da G. R. A. S. P. O. (Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità vinicola) e da O. N. A. V. (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino) Catania. 

A tal proposito facendo gli studi nel territorio italiano (vista e considerata la vastità delle diverse piante di vite), questo è stato suddiviso in macroaree, le quali comprendono diversi vitigni progenitori. 

E proprio dai progenitori si hanno le prime “sorprese”, considerato che probabilmente il vitigno che ha dato “vita” alla stragrande maggioranza dei vitigni italiani è un vitigno di probabili origini campane, lo Strinto Porcino. 

Uno di questi potrebbe essere il Sangiovese che nasce dall’incrocio dallo Strinto Porcino con un vitigno ignoto, il condizionale, è d’obbligo, poiché gli studi sono recenti (l’ultimo del 2021, fatto dal prof. Claudio D’Onofrio dell’Università di Pisa) e fra di loro in parte si contraddicono. Questo giusto per dare un’idea di come sia un campo vasto e complesso. 

Dal vitigno Strinto Porcino sono parecchie le specie di viti che ne derivano. Quattro sono stati gli step, nei quali è stata fatta una “ricostruzione” degli albi genealogici di alcuni vitigni, facendo assaggiare quattro vini per ogni step, per un totale di sedici vini (quelli ottenuti da vitigni rari, sono stati ottenuti da microvinificazione). 

Claudio D’Onofrio

Vitigni che ricoprono un po’ tutto il territorio italiano, con alcuni che hanno delle regioni ben precise dove vengono coltivati, poiché (probabilmente) originari di quei territori. Le batterie di vini assaggiati sono state le seguenti Step 1: Garganega – Dorona – Cataratto – Rossa Burgan; Step 2: Liseret – Piccola Nera – Chardonnay – Pinella; Step 3: Vulpea – Cjanorie – Molinara – Brepona; Step 4: Sangiovese – Ciliegiolo – Frappato – Carricante. 

Iniziando dal Garganega, che è il vitigno a bacca bianca più importante della provincia di Verona e si ritiene uno dei vitigni capostipite. Viene assaggiato un vino ottenuto tramite microvinificazione (lt. 54). 

Dal calice pervengono sentori di frutta esotica e di scorza di lime. Fresco al palato con una buona lunghezza e con un finale sapido. Con la Dorona iniziano i vitigni ottenuti da incrocio. Le ipotesi sulla Dorona sono che possa essere un clone della Garganega, o che invece derivi dall’incrocio naturale della Bermestia Bianca con la Garganega, comunque entrambe le ipotesi, confermano che la Dorona derivi dalla Garganega. Bermestia Bianca x Graganega => Dorona. 

Rispetto al vino ottenuto dalla Garganega, quello ottenuto da Dorona ha un bouquet più raffinato e meno intenso. I sentori spaziano più sul floreale, con accenni di glicine. Vino di carattere al sorso, con una freschezza che gli dona lunghezza e lo rende agile e scattante. Dalla parte nord dell’Italia, si passa al sud con il Catarratto.

 Figlio del vitigno Garganenga tramite incrocio naturale con il Mantonico BiancoGarganega x Mantonico Bianco => Catarratto. Il Catarratto, è uno dei vitigni a bacca bianca maggiormente coltivati in Sicilia, che prima dell’avvento del vitigno Grillo (figlio del Catarratto, Catarratto x Moscato d’Alessandria => Grillo), veniva utilizzato per la produzione del vino Marsala. 

Il campione fatto assaggiare è di un vino già in commercio (quindi non ottenuto con microvinificazione) ed emana profumi di floreale e di agrumi che poi virano su sentori di frutta esotica. Buona corrispondenza gusto – olfattiva. 

Il vino ottenuto da Rossa Burgan (uva a bacca rossa) ha un bouquet che è raffinato e con sentori di piccoli frutti di bosco, lievi accenni di floreale e di rabarbaro. 

Sorso minerale, con un’acidità che esce fuori alla lunga e con tannini fini e lunghi. Buona progressione. Il vitigno Rossa Brugan, che è un po’ più conosciuto come Uva Longanesi è a bacca rossa e si presume che derivi dall’incrocio fra Gerganega e Cavrara, ma sua questa “parentela” ci sono parte di pareri che ancora gli attribuiscono origini sconosciute, vista l’antichità dell’Uva Longanesi. Garganega x Cavrara => Rossa Burgan. 

Già dal primo step si vede come dal vitigno capostipite, gli altri hanno riportato alcune caratteristiche (la freschezza ed il floreale la Dorona, gli aromi floreali e di agrumi il Catarratto, freschezza il Rossa Burgan). 

Nel secondo step si ha come vitigno patriarca il Lisairet (uva a bacca bianca), dal quale si presume che discendano almeno 80 vitigni fra i quali lo Chardonnay ed il Gamay. Gli aromi che emana dal calice sono lievi accenni di mandorla, erba secca e bergamotto. Ha una freschezza sferzante, che necessita di tempi lunghi di affinamento. 

Questa grande verticalità lo rende lungo al sorso. È conosciuto come anche Heunisch ed allo stesso tempo con il sopranome di “Casanova dell’uva”. 

L’incrocio fra Heunisch e Vulpea dà la Piccola Nera (uva a bacca rossa), anche se su questo risultato ci sono dei dubbi per la scarsità (20) dei marcatori del D. N. A. Heuinisch x Vulpea => Piccola Nera. 

Il bouquet è molto floreale, note di confetto e di fragola. Verticale al sorso, ma allo stesso tempo con una sensazione minerale. 

Agile e scattante e di grande personalità dovuto alla spalla acida. E si arriva al vitigno a bacca bianca fra i più famosi al mondo, lo Chardonnay, che è il risultato fra Heunisch con il Pinot NoirHeunisch x Pinot Noir => Chardonnay. 

Questo fa capire del perché in Borgogna i vitigni coltivati siano Chardonnay e Pinot Noir… Lo Chardonnay assaggiato è un vino prodotto da una cantina ed è un vino già pronto. Dal calice pervengono sentori di note burrose e di vaniglia (dovuto al passaggio in botte), ananas disidratato. Sorso rotondo e piacevole. Lungo. 

Ultimo vino della seconda batteria è quello ottenuto dal vitigno Pinella (uva a bacca bianca), che deriva dall’incrocio fra Heunisch ed una varietà sconosciuta. Heunisch x Vitigno Sconosciuto => Pinella. Si presenta con note erbacee e di frutta a polpa bianca acerba, nespolo. Bella freschezza, ma non irruenta. 

Lungo e con una buona progressione. Anche in questo caso dal progenitore vengono trasferite alcune caratteristiche ai vitigni ottenuti da incroci (freschezza la Piccola Nera, note erbacee la Pinella). 

Nella terza batteria d’assaggi, il vitigno patriarca è la Vulpea (uva a bacca rossa), che nasce dall’incrocio fra un vitigno ignoto e la VisparolaVitigno Sconosciuto x Visparola => Vulpea. Il vino ottenuto da uva Vulpea ha sentori di humus, di ciliegia e prugna. Sorso sapido – succoso, tannini fini e buona freschezza che gli dà lunghezza di sorso. Buona progressione. 

Il vitigno successivo è il Cjanorie (uva a bacca rossa), originario del Friuli Venezia Giulia, la sua discendenza non è del tutto certa, ma da ultimi studi, risulterebbe essere il risultato fra l’incrocio di vitigno sconosciuto e la Vulpea. Vitigno Sconosciuto x Vulpea => Cjanorie. 

Anche in questo caso è un vino che è stato vinificato in maniera commerciale, quindi si può definire come vino pronto. Il bouquet è complesso, con aromi e profumi eleganti. Note di spezie e frutta secca. Sorso appagante di grande eleganza e salmastro che rende il tutto molto piacevole e non stancante. 

Lungo al sorso. Tannini fini e lunghi. Altro vitigno a bacca rossa, dal quale si ottiene vino rosso è la Molinara (uno dei vitigni che fanno parte del blend dell’Amarone della Valpolicella). La Molinara è l’inverso del Cjanorie, ovvero deriva dall’incrocio fra la Vulpea ed una varietà non conosciuta. Vulpea x Vitigno Sconosciuto => Molinara. 

Anche in questo caso il vino assaggiato non è stato vinificato in microvinificazione. Ha un bouquet fresco e fruttato, con ricordi di melograno. Verticale e con un sorso agile e scattante. 

Punta tutto sulla freschezza che gli dona lunghezza di sorso. Il terzo step si conclude con il vitigno Brepona, anche questo a bacca rossa. Il vino ottenuto fa sentire accenni agrumati e iodati, con ricordi di felce. Salino e con una buona freschezza. Buona corrispondenza gusto – olfattiva. Lungo.

 Il Brepona deriva da incrocio naturale, uno dei due è sicuro, la Vulpea, mentre che l’altro potrebbe essere la DindarellaVulpea x Dindarella => Brepona. Su questa batteria si riscontrano le caratteristiche del vino “patriarca” sui vitigni “figli”, nel dare vini complessi con aromi fruttati e speziati. 

Gli ultimi quattro vini prendono origine dal Sangiovese (che è il risultato fra lo Strino Porcino e vitigno sconosciuto. Strinto Porcino x Vitigno Sconosciuto => Sangiovese). Il Morellino di Sansano, che altro non è che un clone del Sangiovese adattatosi alla costa tirrenica della Toscana. Il vino ottenuto da Morellino di Scansano (anche questo prodotto non in microvinificazione) ha sentori di amarena e liquirizia, lievi accenni di fiori secchi.

 Tannini ben presenti e freschezza di personalità. Sorso lungo. 

Persistenza lunga. Il secondo vitigno è il Ciliegiolo, anche questo ormai conosciuto e vinificato in purezza. Il vitigno è ancora in fase di studi, poiché alcuni stabiliscono che il Ciliegiolo discende dall’incrocio fra il Moscat Rouge ed il Sangiovese (Moscat Rouge x Sangovese => Ciliegiolo), mentre altri dicono che il Ciliegiolo sia l’antenato del Sangiovese.

 Dal calice pervengono sentori di carrubo, humus, accenni balsamici. Fresco e con tannini fini e lunghi. 

Persistenza buona. Altro vitigno a bacca rossa, il Frappato. Deriva da incrocio spontaneo fra il Sangiovese ed un vitigno non conosciuto. 

Sangiovese x Vitigno Sconosciuto => Frappato. Anche per il vino degustato, 100% Frappato, è un vino che già si trova in commercio

 Note fruttate e speziate, con lievi ricordi erbacei. 

Tannini docili e con una buona freschezza. 

Fresco all’assaggio e con una buona persistenza. L’ultimo, dopo tre vitigni a bacca rossa, è a bacca bianca e non ha fatto mancare sorprese.

 Il Carricante è il risultato fra l’incrocio dello Strinto Porcino con la Visparola, quindi stretta parentela con il Sangiovese, che a sua volta si ritrova con il Frappato ed il Nerello Mascalese, tenuto conto che questi ultimi due derivano dal Sangiovese. Strinto Porcino x Visparola => Carricante

 Visto e considerato che il Carricante ha avuto negli ultimi decenni una valorizzazione esponenziale, il vino degustato si trova in commercio, quindi è già un vino pronto. Note agrumate e minerali, lievi accenni di cardamomo. 

Al sorso è un buon mix di freschezza e sapidità che si fa sentire a fine sorso. La freschezza è la caratteristica che si ritrova in questi ultimi vini, oltre a trovare la componente fruttata. 

Da questi sedici assaggi si denota come sia vasta la gamma di vitigni, ma che allo stesso tempo come vi sia una sorta di concatenazione e di parentela gli uni con gli altri e che se durante un assaggio (anche dei più spensierati), degustando un vino ottenuto da un vitigno, si hanno ricordi di un altro vino, vinificato con un altro vitigno, chissà se in fin dei conti non possano avere qualche grado di parentela…         

Di Fabio Cristaldi Per gentile concessione di Sicilia da gustare
Foto Gianmarco Guarise


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