
Quando la storia di GRASPO diventa teatro vero con Dario Carturan.

Raccontare tutta l’avventura di Graspo senza dimenticare nessuno e trasformando il tutto in un grande show teatrale pieno di gioia ed energia proprio la’ dove è cominciato tutto.
Sotto la Piantata storica di Vernazola ad Urbana.
Una magia che è perfettamente riuscita ad un attore sagace, curioso, coinvolgente ed esilarante come Dario Carturan.

Dario Carturan, 63 anni, di Palugana di Ospedaletto Euganeo, è un uomo/attore che ha saputo reinventarsi in modo vincente. Dopo una vita passata a fare il rappresentante e il ristoratore, Carturan ha deciso di salire su un palcoscenico e di fare l’attore. La sua scelta è stata coronata da successo, e oggi è una figura di spessore nel mondo dell’intrattenimento.

Una predisposizione che si è aperta alla carriera nel 2002, organizzando uno spettacolo in arena a Montagnana e facendo subito centro. “Mi è bastato qualche mese per capire che questo mondo poteva regalarmi ben più di qualche serata all’anno”, racconta Carturan.
Il suo segreto è una formula tutta nuova dove racconta con delicatezza e comicità storie, fatti e persone di intere comunità, creando un mix unico tra divertimento e riflessione.

I suoi spettacoli “personalizzati” sono eventi che assicurano il “tutto esaurito” in ogni situazione anche, e per la prima volta, in un contesto unico e suggestivo come la piantata storica di Urbana custodita con generosità da Gianmarco Guarise.
Una iniziativa fortemente voluta dal sindaco di Urbana Michele Danieli, da tante istituzioni del territorio e con il patrocinio anche della Biblioteca Internazionale La Vigna.
Tre ore travolgenti ricche di episodi e testimoni proprio partendo dalla figura di Guarise e dal suo viscerale rapporto con un monumento vivente come la piantata.
Gianmarco Guarise è un fotografo professionista che da sempre cura e custodisce con competenza e passione questa ultracentenaria piantata di Vernazola, antichissima varietà di uva locale, in quel di Urbana nel Montagnanese vicino a Padova.

Si tratta di un filare di vecchie vigne, molte ancora a piede franco maritate con dei monumentali ed altrettanto storici salici, un legame questo che tende non solo a dare struttura e sostegno tecnico alle piante ma che nel tempo ne preserva la resilienza e sostanzialmente ne allunga la vita.
Un luogo, come sottolinea sempre Guarise, dove l’uva è protetta dalle malattie perché allevata alta, dalla grandine perché allevata a pergola, dal caldo eccessivo per il particolare microclima che si crea sotto la piantata ed anche dalla fillossera vista l’azione benefica delle radici dei salici. Un luogo veramente magico che testimonia un fortissimo e suggestivo legame a tre, tra custode, Vernazola l’antica varietà qui coltivata ed i salici.

Da queste vigne centenarie di Vernazola sono state realizzate anche le marze per i nuovi impianti realizzati dalla piccola cooperativa “La Rabiosa” di Casale di Scodosia guidata da Santo Boggian classe 35, barba bianca, parlare profondo e grande senso del tempo e rispetto per il territorio valori che hanno proprio ispirato la nascita di questa nuova cooperativa specializzata in produzioni biologiche è impegnata anche nella viticoltura in cui spicca il recupero della Vernazola.
Un vino d’altri tempi spiega Santo tra una citazione di Goethe e il ricordo di quando l’acqua dei fossi da queste parti poteva essere bevuta tranquillamente, un vitigno che probabilmente è arrivato qui nei secoli passati dal Trentino lungo l’asta dell’Adige.

Un vino il cui successo deve essere stato garantito, appunto, dagli aspetti colturali, ma anche dalla duttilità di impiego, indistintamente come uva da pasto oppure nella produzione di vino dolce, visto che ha una naturale predisposizione anche alla spumantizzazione.
Un vino la cui attualità è ancora evidente e che solo un progresso eccessivo fatto di rese per ettaro e di esterofilia a tutti i costi, ha condannato.
Ed è ancora qui sotto la “bina” che inizia cinque anni fa la storia di Graspo un percorso di conoscenza finalizzato alla preservazione dell’originalità e della biodiversità viticola di ogni diverso territorio partendo dalla fondamentale convinzione che il recupero di antichi vitigni abbandonati possa essere una risorsa importante per il futuro della viticoltura, sia in chiave di cambiamento climatico che per una migliore e più dinamica comunicazione delle singole identità territoriali.
Un progetto che oggi coinvolge numerosi professionisti e viticoltori sensibili in tutta Italia.
Vitigni a volte già noti, ma condannati all’oblio da giudizi tecnici viziati da un contesto storico che privilegiava allora quantità e costanza delle produzioni o vitigni assolutamente sconosciuti ma con caratteristiche espressive molto interessanti oggi per vincere le nuove sfide sul fronte della freschezza, della resilienza e dell’originalità.
Racconti dove forse per la prima volta accanto all’identificazione, alla storia, alle caratteristiche del vitigno e del vino vengono valorizzate le persone, che chiamiamo custodi. Una esperienza di oltre 200.000 chilometri in tanti territori italiani, incontrando tantissimi produttori, eseguendo numerosissimi prelievi di materiale vegetale per stabilire l’identità dei vitigni, scoprendo ad oggi 15 nuove varietà di uva e realizzando solo nell’ultima vendemmia oltre 100 micro vinificazioni.
Una esperienza che consente con competenza e serenità di condividere i risultati acquisiti in questi anni e le risposte che questi vitigni hanno dato in campo ed in cantina con Istituzioni e produttori.
Così Vernazola, Brepona, Quaiara, Rossa Burgan, Saccola Bianca, Ottavia, Leonicena, Pontedara e tanti altri antichi vitigni sconosciuti o dimenticati sono tornati a produrre vini originalissimi ed identitari.
Ma naturalmente il tutto raccontato nello stile unico ed irripetibile di Dario Carturan.
Una esperienza da riproporre anche nel prossimo futuro.
Il viaggio continua….
Di Aldo Lorenzoni
Foto di Gianmarco Guarise
Ci trovate su: www.graspo.wine
Facebook e Instagram, alla voce Associazione Graspo
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