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L’export che dà fiducia

Record storico per le esportazioni di prodotti agroalimentari e bevande nazionali secondo Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nel 2014.

 

Una buona iniezione di ottimismo, guardando al futuro. Se poi aggiungiamo i segnali di recupero della domanda interna e della produzione che fanno ben sperare le industrie alimentari del Bel Paese, come ha rilevato l’Ismea, le aspettative risultano incoraggianti. Ci voleva!

 

Non a caso l’Italia, con i suoi 261 prodotti agroalimentari di qualità, ha il primato nella Ue delle certificazioni Dop, Igp e Stg, seguita da Francia, Spagna e Portogallo. Siamo un immenso giacimento gastronomico che il mondo intero ci invidia. Se è vero, come è vero che i 2/3 del fatturato realizzato all’estero si ottiene con l’esportazione di prodotti agroalimentari verso i paesi dell’Unione Europea, non dimentichiamoci che il made in Italy va forte anche nelle Americhe e nei mercati emergenti come quelli asiatici.

 

Un fatturato di 34,3 miliardi di euro, come certificato dall’Istat. E se il ministro delle Politiche agricole con delega a Expo Maurizio Martina indica come obiettivo raggiungere quota 50 miliardi nel 2020, forse vale la pena intensificare gli sforzi per evitare di continuare a scontare a livello internazionale il peso delle contraffazioni e alterazioni delle nostre tipicità.

 

La vulnerabilità nel settore si trasforma in un danno economico che supera i 60 miliardi di euro l’anno, una cifra non più accettabile. Tanto più che nell’era della globalizzazione, il falso made in Italy corre sul web, uno dei canali ideali per la diffusione dell’Italian sounding. Alla vigilia di Expo 2015 diventa un imperativo categorico mettere in campo una strategia univoca, con azioni coordinate a più livelli per la tutela del made in Italy.

 

 


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Piero Rotolo

Direttore Responsabile vive a Castellammare del Golfo Trapani

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