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Spiagge a rischio, 1 su 5 può sparire entro il 2050: dove scatta l’allarme

(Adnkronos) – L’Italia rischia di perdere il 20% delle spiagge al 2050 e il 45% al 2100. Le case di 800mila persone sono a rischio per innalzamento dei mari, inondazioni temporanee o permanenti, erosione, pressione demografica e urbanistica. Lo rileva il XVII Rapporto ‘Paesaggi sommersi’ della Società Geografica Italiana, presentato questa mattina a Palazzetto Mattei a Roma con un ampio corredo di dati, evidenze, proiezioni e analisi. 

 

I territori più a rischio sono in primo luogo l’Alto Adriatico e, in misura minore, la costa pugliese intorno al Gargano, diversi tratti della costa tirrenica tra la Toscana e la Campania, le aree di Cagliari e Oristano, e molte altre. A rischio sono anche la metà delle infrastrutture portuali, diversi aeroporti, più del 10% delle superfici agricole, buona parte delle paludi, delle lagune e le zone costiere cosiddette ‘anfibie’, a cominciare dal Delta del Po e dalla Laguna di Venezia. 

La crisi climatica avrà un impatto enorme, ad esempio, sulle aree agricole costiere con un’accelerazione dei processi di salinizzazione, che imporranno pesanti strategie di adattamento, e sui litorali urbanizzati. Secondo stime inedite – spiega Società Geografica Italiana – sono 800mila le persone che vivono in territori sotto il livello del mare atteso e che rischiano processi di ricollocazione o che dovranno essere protetti da difese costiere artificiali sempre più pervasive. Basti pensare che la fascia costiera non è solo la zona in Italia con la maggior percentuale di suolo artificiale e urbanizzato ma è anche un’area dove il consumo di suolo prosegue incessante. Il Rapporto evidenzia che l’Italia rischia di perdere circa il 20% e il 45% delle proprie spiagge al 2050 e al 2100 rispettivamente, con punte in Sardegna, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Campania. 

“Bonifiche, urbanizzazione, infrastrutturazione, abusivismo: abbiamo trasformato la fascia costiera, un ambiente dinamico e instabile, in una linea di costa rigida e quindi fragile e vulnerabile. È ora indispensabile un cambiamento profondo dei regimi di gestione e pianificazione costiera, oltre che una ineludibile ma affatto scontata presa d’atto della centralità della ‘questione coste’ e della necessità di una sua ricomposizione a scala nazionale”, fa sapere Stefano Soriani, professore di Geografia economico-politica all’Università Ca’ Foscari Venezia, che ha partecipato alla redazione del Rapporto.  

In questo quadro la crisi climatica agirà come ‘moltiplicatore di stress’, rendendo i problemi ancora più gravi, sia dal punto di vista ambientale sia da quello socioeconomico – evidenzia Società Geografica Italiana – Ciò rende non più rinviabile un dibattito ampio tra forze politiche, sociali e scientifiche sulla gestione sostenibile delle nostre coste. “Il rischio non è solo la perdita di spiagge o l’inondazione dei litorali di costa bassa, urbanizzati o meno, ma una sempre più pervasiva artificializzazione della linea di costa, con profonde implicazioni paesaggistiche e di aggravamento della vulnerabilità. L’unica alternativa è fare il contrario di quanto fatto fin qui: rinaturalizzare i litorali, per sfruttare la loro capacità di adattamento. Un percorso irto di ostacoli socio-politici, oltre che strutturali ed economici”, spiega Filippo Celata, professore di Geografia economica e politica all’Università di Roma La Sapienza, che ha partecipato alla redazione del Rapporto.  

“Da quasi vent’anni la Società Geografica Italiana realizza, con i suoi Rapporti, approfondite analisi dei problemi del territorio italiano. Cerchiamo di non alimentare allarmismi e catastrofismi; al contrario, proviamo a proporre ai decisori politici un quadro equilibrato e, su quella base, possibili interventi di mitigazione dei problemi”, dichiara Claudio Cerreti, presidente della Società Geografica Italiana.  

I dati chiave del rapporto. Artificializzazione costiera – Quasi un quarto del territorio entro i 300 metri dalla costa è coperto da strutture artificiali, con picchi allarmanti in Liguria (47%) e nelle Marche (45%).  

Erosione accelerata – L’Italia rischia di perdere fino al 45% delle spiagge entro il 2100, mettendo a rischio un patrimonio naturale e turistico inestimabile.  

Difese costiere – Barriere artificiali proteggono ormai più di un quarto delle coste basse, ma aggravano l’erosione e la vulnerabilità e saranno sempre più costose e meno efficaci.  

Pressione turistica e impatto economico – I comuni costieri offrono il 57% dei posti letto turistici, ma questo sviluppo incontrollato sta esacerbando la crisi.  

Salinizzazione dei terreni agricoli – Nell’estate del 2023, il cuneo salino ha risalito il Delta del Po per oltre 20 chilometri, minacciando l’agricoltura e la disponibilità di acqua potabile. 

Aree protette vulnerabili – Le aree protette, cruciali per la biodiversità, tutelano il 10% delle acque e delle coste italiane, ma raramente dispongono di un piano di gestione adeguato.  

Porti a rischio – Porti e infrastrutture connesse si estendono per 2.250 km e rischiano di essere pesantemente compromesse con gravi effetti sulla qualità dei sistemi logistici.  

economia

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