
Salvare un vitigno per salvare un mondo
Il caso Uva Greca Puntinata

Sono tante le storie Incontrate in tutta Italia di vitigni rari a rischio di estinzione che si intrecciano con un viticoltore appassionato che ne diventa custode salvandolo dall’oblio e condividendo poi con tutti i produttori del territorio il risultato di questa opera di preservazione.
Ci pare diverso ma allo stesso tempo ancora più virtuoso il progetto di recupero di un vitigno antico come l’Uva Greca Puntinata messo in atto contemporaneamente dal Comune di Acquapendente in Provincia di Viterbo, dall’A.R.S.I.A.L.,
dalMinistero della Cultura, dalle Fattorie Solidali Cooperative, da S’Osteria 38, dalla Riserva Naturale di Monte Rufeno, dai vivaisti locali e da tanti piccoli viticoltori custodi.
Un percorso di ricerca e condivisione che ha visto in Alvio Fusi il suo primo ispiratore.


Alvio oggi non c’è più ma ha permesso a GRASPO di potare, curare e vinificare la sua Uva Greca Puntinata, che è ritornata assoluta protagonista di questo territorio in un incontro a S’Osteria 38 con tanti produttori e comunicatori proprio nei giorni che le Nazioni Unite hanno voluto a livello mondiale dedicare alla Biodiversità.

S’Osteria 38 è un albergo, ristorante, e punto vendita; si trova sulla trentottesima tappa della via Francigena ad Acquapendente ci spiega la responsabile Elisa Calanca.
L’offerta dei servizi varia nel corso dell’anno, seguendo la stagionalità, e comprende: ristorazione di qualità, pizzeria e caffetteria (all’interno e nel giardino),
ospitalità attenta ai bisogni del cliente, servizio informazioni turistiche, spazio co-working per gruppi di studio e lavoro,
negozio con prodotti bio ed eccellenze locali,
spazio dedicato a mostre temporanee, eventi privati, presentazioni di libri, convegni, corsi di formazione, performance musicali, artistiche e teatrali.
S’Osteria 38 è parte della rete di produzione di Alicenova e Fattorie

Solidali, cooperative sociali che promuovono l’inclusione sociale e lavorativa di persone appartenenti a fasce deboli della popolazione in agricoltura e turismo ecosostenibile.

Il luogo ideale per il ritorno dell’Uva Greca Puntinata e per ricostruirne con Massimo Bedini, già direttore della Riserva Naturale di Monte Rufeno la storia di recupero e conservazione.
La Riserva Naturale Monte Rufeno è un territorio integro e suggestivo che copre circa un quarto dei 13.000 ettari del comune di Acquapendente, siamo a nord di Viterbo in un contesto che esprime con orgoglio la sua anima Etrusca.
Massimo Bedini ne è stato fino a qualche mese fa un dinamico direttore ma anche oggi con trasporto e passione continua il percorso di valorizzazione iniziato sul fronte del progetto Natura in campo sviluppato assieme all’ Arsial (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio) ed il Centro di Viticoltura Enologia Laboratorio di Velletri.
La Riserva Naturale ha certificato con il Marchio Natura in Campo una trentina di aziende locali per un paniere di circa 80 prodotti enogastronomici.

Accanto quindi al lavoro fatto sulla Patata dell’Alto Viterbese, oggi riconosciuta a IGP e che finalmente gode di un modernissimo impianto di trasformazione che ne consente una efficace commercializzazione l’attenzione è oggi puntata ad un originalissimo vitigno che può tornare ad essere un autentico protagonista di questo territorio : l’Uva Greca Puntinata.
Un nuovo punto di partenza, ci spiega Massimo, per allargare a macchia d’olio un progetto che possa riportare il settore ai mitici anni 60 in cui i prodotti finali facevano bella mostra nelle caratteristiche trattorie romane ed allo stesso tempo, trasportate lungo la linea ferroviaria di Orvieto, raggiungendo il nord Italia. Una nuova stagione contrassegnata da genuinità e tipicità strettamente biologica proprio come richiede il marchio Natura in Campo.
É poi Giovanni Pica, funzionario dell’ARSIAL a ripercorrere la storia di questo vitigno.

L’importanza della viticoltura negli anni ’30 del Novecento è comprovata dai dati forniti dal Catasto Agrario del 1929; la superficie a “vigneto specializzato puro” allevato ad archetto era indicata in 355 ha, mentre quella “a coltura promiscua” risultava diffusa su oltre 900 ha di superficie agraria.
Per i vigneti promiscui si specificava una particolare forma di allevamento a mollone (Istituto centrale di statistica del Regno d’Italia, 1935, p. 24).
Secondo studi linguistici per mollone in dialetto acquesiano si intendeva il “sostegno morto”, ovvero la paleria di castagno, in opposizione al “sostegno vivo” ovvero alla vigna alberata

Oggi questo vitigno non è ancora stato iscritto al registro del Ministero ma solo nel registro regionale curato dall’ARSIAL, nato per la salvaguardia delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario di questa regione.
Ad oggi sono stati iscritti al Registro Volontario Regionale, quali risorse a rischio di erosione genetica, 47 varietà/biotipi di vite, di cui 44 di uve da vino e 3 di uve da tavola; per i 44 vitigni da vino tutelati dalla LR 15/2000.
Qui l’Uva Greca Puntinata è descritto come un vitigno coltivato esclusivamente nella provincia di Viterbo, in particolare nel comune di Acquapendente.
I viticoltori del luogo lo hanno sempre chiamato con il termine dialettale “Greco”, anche se il vitigno Uva Greca Puntinata ha delle caratteristiche completamente diverse.
Il primo a distinguerlo è stato Giorgio Gallesio che nel 1883 ci fornisce una descrizione della così detta “Uva Greca di Acquapendente” e ci testimonia la sua unicità rispetto alle altre varietà locali e allo stesso Greco.
Il vitigno Uva Greca Puntinata deve il suo nome all’ombelico scuro e ben evidente del suo acino che lo contraddistingue.
Dal lavoro di indagine territoriale presso i vigneti più storici, infine, continuano tuttora ad emergere, in esito alle numerose analisi genetiche effettuate presso il CREA, vitigni del tutto autonomi rispetto a quanto presente nelle banche del germoplasma viticolo: negli ultimi anni sono state rinvenute ulteriori 10 risorse relitte, tutte da iscrivere al Registro Volontario Regionale della L.R. 15/2000, quale presupposto della tutela del patrimonio collettivo e della successiva caratterizzazione e micro-vinificazione,
E’ evidente che consolidare le condizioni per il recupero degli autoctoni non è un esercizio semplice, ma è una sorta di stress-test che permette di misurare la distanza esistente tra le necessità e la realtà in divenire dei diversi territori del vino nel Lazio, a partire dalle scelte per i nuovi impianti, alle competenze da rafforzare sul versante pubblico, alla necessità di ricerca applicata dalla vigna alla bottiglia, spesso su produzioni di nicchia, ma con ottime prospettive di mercato.
Vitigni dal passato per i vini del futuro.
Il viaggio continua
Di Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi , foto Daniele Dal Cerè
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