La parola ai produttori

Il nuovo corso di Castello del Terriccio a “Vino e Arte che Passione”

Quattro chiacchiere con Vittorio Piozzo di Rosignano su una delle tenute più belle dell’Alta Maremma Toscana

Anche quest’anno si è svolta “Vino e Arte che Passione” manifestazione di Ciro Formisano e Antonio Pocchiari, giunta al nono anno e ancora una volta negli splendidi giardini del Casino dell’Aurora Pallavicini, di fronte al complesso delle Scuderie del Quirinale.

Come consuetudine vuole, alto il livello qualitativo delle Aziende presenti sui banchi d’assaggio. In degustazione tra queste anche Castello del Terriccio, grandissima e storica Azienda Agricola Toscana dal fascino antico come il nome che porta, quello del castello Medievale di Doglia detto appunto del Terriccio. Un luogo di straordinaria bellezza rurale sospeso nel tempo nell’Alta Maremma Toscana.

La vita moderna di Castello del Terriccio inizia con i Marchesi Serafini Ferri proprietari a partire dalla prima metà del ‘900, che modellano la tenuta su un profilo abbastanza vicino a quello attuale. Fino agli anni Settanta avvalendosi di 63 famiglie mezzadrili che risiedono in un borgo all’interno della tenuta, la proprietà sviluppa una grande produzione cerealicola toccando il record europeo di produzione del granturco in secondo raccolto.

L’avventura del vino inizia con Gian Annibale Rossi di Medelana che eredita l’azienda nel 1975. Nella scelta dei vitigni da mettere a dimora c’è tutto il profilo internazionale della sua visione. Inizia con i vitigni a bacca bianca Chardonnay e Sauvignon Blanc, ma sono quelli a bacca nera Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot, a trovare le condizioni per esprimersi ad altissimo livello, poi seguiti anche da quote minori di Syrah e Petit Verdot.

Il Tassinaia getta le premesse per quello che sarà il vino più iconico dell’Azienda, Il Lupicaia a cui in breve tempo seguirà Castello del Terriccio, cavalli di razza di una produzione d’eccellenza che rimarrà costante nel tempo.

Con la scomparsa del Cavalier Gian Annibale nel 2019 la proprietà è guidata dal suo unico nipote Vittorio Piozzo di Rosignano Rossi di Medelana. Discendente della grande nobiltà latifondista italiana protagonista della società agricola dei secoli scorsi, dal mondo della finanza passa a dedicarsi pienamente alla gestione delle attività agricole di famiglia.

Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo durante la manifestazione:

Lei rappresenta la nuova era di Castello del Terriccio?

Sono cinque anni che purtroppo mio zio è mancato e quindi me ne occupo io e porto avanti il suo progetto.

Faceva già parte del mondo del vino oppure è una novità per lei?

Ero certamente un appassionato ma non un addetto ai lavori.

Ma quindi è una cosa che le è piovuta addosso all’improvviso oppure l’ha considerata come una bella opportunità per fare qualcosa di diverso da quello che era il suo ambito professionale?

La proprietà è di famiglia da oltre un secolo è mio zio Gian Annibale nei primi anni ’80 ha voluto aggiungere un “indirizzo” alle altre attività dedicandosi alla produzione di vini di alta qualità. L’Azienda è comunque molto grande e si sviluppa su 1500 ettari in un corpo unico, con circa 750 di bosco, 65 ettari di vigneto e 40 ettari di oliveto, poi c’è del seminativo e 200 ettari dove pascolano brade due pregiate mandrie di limousine, insomma, c’è tanto da fare.

Cosa cambia dall’essere semplicemente un appassionato di vini a trovarsi al timone di una produzione di qualità con il compito di garantire gli elevati standard qualitativi raggiunti?

È un grandissimo onore e insieme un grande onere, ma è una sfida che ho raccolto volentieri perché come dicevo il Terriccio è una proprietà della famiglia da cento anni. Poi proseguire questo grande progetto a cui mio zio si è dedicato con passione e che, nonostante non fosse più in grado di deambulare autonomamente è riuscito a portare avanti, è appunto un onore. Per omaggiarlo abbiamo creato un vino dedicato a lui che si chiama Gian Annibale.

Questa è un’Azienda che per caratteristiche potrebbe andare avanti da sola, sulla sua storia e sul suo nome, però andando incontro al futuro prevedi qualche innovazione oppure qualche progetto nuovo?

Stiamo ripristinando il borgo, le strutture e i casali abbandonati dove fino agli anni 70 vivevano e lavoravano 500 persone. Si cerca così di recuperare quel patrimonio storico, culturale, rurale che altrimenti sarebbe stato perduto. Da quando sono alla guida del Terriccio abbiamo quindi intrapreso questa opera di recupero, sviluppando nuovi progetti come il ristorante affidato allo Chef Cristiano Tomei e alla sua idea di cucina, che utilizza i prodotti del nostro bosco, le erbe spontanee e il nostro olio, oltre che quelli coltivati nei nostri orti e la cacciagione, proveniente dalle attività necessarie di contenimento nella nostra riserva di caccia.

Quindi attività legate all’ospitalità, è un ulteriore sviluppo o una novità assoluta per voi?

Sono attività che stiamo sviluppando ora e in cui crediamo molto, di cui fa parte anche una villa all’interno della tenuta, che affittiamo come casa vacanze. Abbiamo poi creato un laboratorio di panificazione recuperando il vecchio forno a legna, e naturalmente a queste si aggiungono le visite e le degustazioni in cantina.

Qual è il vostro approccio alla sostenibilità, ormai premessa d’obbligo parlando di vini? Andando oltre i limiti del Biologico e delle certificazioni, qual è la vostra visione e il vostro impegno verso la sostenibilità? 

Allora, noi già l’azienda è facilmente sostenibile perché si compone anche di 750 ettari di bosco, quindi credo che già quello dia un grande contributo alle attività. Dal punto di vista energetico abbiamo ampliato l’impiego di energie rinnovabili, mettendo dei pannelli fotovoltaici sui tetti dei Casali per produrre in autonomia l’energia elettrica che ci serve.  In vigna invece adottiamo le tecniche necessarie per minimizzare l’impatto ambientale. Si fanno semine mirate a file intercalari per apportare sostanze organiche attraverso il sovescio, poi si fa lotta integrata ormonale guidata, per assicurare la qualità delle produzioni garantendo contemporaneamente l’integrità dell’ecosistema nel vigneto intervenendo il meno possibile.

In degustazione c’era Lupicaia 2018, vino di grande complessità ed eleganza tratti distintivi di tutti i vini di Castello del Terriccio. Intorno al frutto gustoso e intenso, sullo sfondo balsamico si distribuiscono le note del cacao, del tabacco dolce delle spezie e dei legni profumati.  Potente ma agile in bocca, grazie alla bella freschezza che richiama il sorso, dotato di tannino carezzevole, grande equilibrio e gustoso allungo.

Bruno Fulco

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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