
In principio fu Antonio, o meglio fu nonno Felice Gerardo a piantare i vigneti di Aglianico e Coda di Volpe. Era il 1920 e da allora la passione per la vigna e per l’uva sono diventate elemento strutturale nella cultura della famiglia Molettieri.
Gli attuali proprietari, i fratelli Sibaldo e Gerardo hanno visto per tutta la vita il padre Antonio produrre vino sfuso conferendo le eccedenze ad altre Aziende presenti sul territorio. Nel 2020 chiudendo il cerchio decidono di fare il grande salto e fondano la propria cantina, che porta a il nome del padre.
Nei 5 ettari di vigna a Castelfranci (AV) sono ancora presenti le viti centenarie di Aglianico e Coda di Volpe piantate dal nonno, e l’idea è quella di portare nei propri vini la lettura familiare di un territorio vissuto con passione per oltre un secolo.
La prospettiva è quella di affidare ai loro figli la voglia di portare avanti i saperi maturati nella viticoltura per svilupparne il potenziale del territorio in chiave futura e con l’aiuto dell’innovazione.
Sempre da qui viene Sabino Colucci, l’enologo a cui i fratelli Molettieri si sono affidati e che con loro condivide l’ambizione nel perseguire l’eccellenza. Un percorso che gli appassionati non stentano a riconoscere come avvenuto anche nell’ultima Edizione di IO VINO, amatissimo Evento romano dedicato alla selezione qualitativa di Marche e Campania operata da Manilo Frattari e Romina Lombardi.
Due grandi conoscitori della viticoltura di questi territori da loro battuti palmo a palmo, che ogni anno presentano agli appassionati una vetrina capace di proporre anche Aziende al di fuori dei grandi giri, ma capaci di fare immediatamente breccia nel gradimento collettivo.
È quanto avvenuto con la Cantina Molettieri che si è aggiudicata il “Premio Miglior Cantina 2025″ che il pubblico presente ha riconosciuta come rappresentativa della tradizione vitivinicola campana.
Nella produzione Aziendale spiccano Sama Coda di Volpe Irpinia Doc di grande eleganza, Badius Aglianico Irpinia Doc che mette in bella mostra le caratteristiche peculiari del vitigno e D’Oreste Taurasi Docg che grazie all’attenta vinificazione dosata nella tempistica tra legno e acciaio riesce ad esprimere tutta la finezza del vino, mantenendo tutta la potenza del vitigno senza permettergli di prevaricare sugli altri aspetti che lo rendono un grande bicchiere.
Con Sibaldo Molettieri che ringraziamo, abbiamo avuto l’opportunità di scambiare qualche battuta sull’attività e la passione di famiglia:
Cent’anni di tradizione familiare e un’azienda che nasce nel 2011. Hai sempre fatto questo oppure dedicarsi a tempo pieno alla viticoltura è una scelta relativamente recente e perché?
È una scelta relativamente recente per dare seguito ad una volontà e tradizione che risale a nostro nonno e che è stata da noi ripresa con un taglio di modernità ma nel rispetto di metodiche e sapori che negli anni hanno caratterizzato una produzione che prende vita dal territorio e dall’amore per la nostra terra.
Al centro di tutto c’è l’Aglianico che da te si rivela nello splendido Taurasi d’Oreste. Un vitigno che malgrado il suo valore però è ancora troppo poco conosciuto. Come lo presenteresti al pubblico?
L’aglianico – e il Taurasi che da esso deriva – è un vino schietto e robusto, con radici forti, proprio come chi lavora i suoi vitigni, con dedizione e passione…è intriso del sudore di chi amorevolmente lo coltiva e dell’intenso lavorio che richiede…ne farei conoscere il carattere, aspro e vigoroso ma intensamente generoso, che è proprio della gente d’Irpinia…oltre a pubblicizzarlo attraverso fiere, manifestazioni e media, lo farei studiare nelle scuole per far comprendere che questo vino è linfa che trae nutrimento dalla terra e che alla terra restituisce la propria energia.
Il grande Aglianico è una scoperta piuttosto recente per il grande pubblico. Secondo te vista la qualità del vitigno a cosa è dovuto questo ritardo?
L’enogastronomia in Irpinia, pur ancora giovane, rappresenta un importante volano per l’imprenditoria vitivinicola…la costituzione di tante case vinicole, con un approccio sempre più votato alla qualità e all’attenzione verso il prodotto, sta favorendo la crescita del settore e la diffusione della cultura del vino…produttori più strutturati e meglio organizzati hanno privilegiato la comunicazione come fattore di sviluppo per favorire la possibilità di giungere efficacemente all’utilizzatore finale
Un potenziale ancora in larga parte inespresso. Secondo te qual è la via per portarlo a livelli assoluti di qualità?
Dal mio punto di vista credo che negli ultimi anni la qualità è migliorata tantissimo
A livello agronomico com’è la conduzione del tuo vigneto e quali pratiche adotti in particolare?
Dal 2022 siamo passati al biologico per tutelare l’ambiente e il consumatore
Qual è il valore reale delle certificazioni? Una semplice etichetta di marketing oppure un valore reale? Oggi hanno ancora senso oppure ha più senso comunicare l’etica del produttore in maniera diretta?
Dal mio punto di vista non è la certificazione a cambiare la qualità del prodotto, io credo che la migliore comunicazione è quella che il produttore racconta e fa degustare quello che produce con le proprie mani
“O bicchiere e vino è bello a vevere, ma pe o fà ce ne vole”: a parte le cose scontate come, fatica, lavoro e dedizione, qual è il significato più vero di questa frase che campeggia sul tuo sito Aziendale?
Il significato sta nel messaggio che si vuole trasmettere, particolarmente ai giovani, un messaggio che parla di futuro: per ottenere qualcosa, per pretendere l’eccellenza, e’ necessario non arrendersi alle avversità, alle contrarietà e alla forza della natura…perseveranza e resilienza sono elementi imprescindibili per cogliere gli obiettivi prefissati e per riuscire nella vita.
Quali pensi potrebbe essere il provvedimento legislativo o amministrativo più adatto in questo momento per favorire lo sviluppo dell’agricoltura specie nel tuo territorio?
In questo momento credo che il provvedimento più adatto sia quello di invogliare i giovani ad investire nell’agricoltura e trovare risorse economiche per valorizzare il territorio
Se non avessi fatto il viticoltore nella tua zona d’origine, in quale stato – paese o territorio ti sarebbe piaciuto farlo e con quale vitigno avresti voluto cimentarti?
Probabilmente in Piemonte…con un vino come il Barolo per portare la giovane esperienza del Taurasi e trarre insegnamento da un grande vino che in comune con il nostro ha la potenza, la vigorosa presenza e la longevità.
Bruno Fulco
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