Tribuna

Il vino Italiano punta su Cina e mercato asiatico con il road show di Vinitaly

Che il mercato Cinese del vino abbia ormai catalizzato l’interesse della produzione mondiale, è cosa nota anche a chi non si occupa da vicino delle cose enoiche. Le nazioni che sono avanti nel marketing lo hanno aggredito sin da subito puntando sul concetto del “chi primo arriva meglio alloggia”.

Le altre, tra cui anche l’Italia lo hanno prima osservato con circospezione, per poi avvicinarlo timidamente inquadrandolo come mercato di prospettiva. D’altronde L’italica mentalità abituata com’è alle certezze, ha dovuto compiere uno sforzo concettuale per sottrarre energie alla confortevole sicurezza del mercato Americano e dedicarne un po’ al mercato Cinese.

Passato il tempo dell’incertezza ora è già da un po’ che l’Italia sta operando anche in questo mercato, dedicandovi tutta la forza necessaria a gettare le basi per una propria presenza significativa. L’ultima iniziativa in calendario è targata Veronafiere con ben 300 etichette, in rappresentanza di 46 tra Aziende produttrici italiane e realtà distributive cinesi che si produrranno nel roadshow griffato Vinitaly.

Dando seguito agli altri appuntamenti della Vinitaly International Academy che hanno già toccato Pechino, Shanghai, Hong Kong e Chengdu, stavolta è stato il turno di megalopoli come Shenzhen (11 giugno), Changsha (13 giugno) e Wuhan (14 giugno), enormi agglomerati urbani da decine di milioni di abitanti.

Le tre giornate sono state dedicate ad incontri, degustazioni ed approfondimenti, dedicati alle professionalità del settore che hanno risposto con grande entusiasmo. Solamente per la prima giornata gli operatori accreditati hanno fatto registrare più di 500  presenze. La scelta di Veronafiere di puntare su queste città nasce dai numeri, quelli enormi che prevedono una crescita urbanistica prevista al 63% nel prossimo quinquennio, ma che soprattutto concentrano la domanda di consumo di una classe emergente in aumento e con capacità di spesa superiore.

Una quota che per il 2022 si stima coprirà il 25% della popolazione. L’impegno di Veronafiere sul mercato Cinese asseconda gli incoraggianti risultati del vino italiano, in crescita su questa piazza dal 2017 ad oggi. Al primo trimestre del 2018 la fetta di mercato ricoperta dal vino Italiano segnava un 7,03% registrando la crescita del 62,82% rispetto al precedente trimestre.

Ottimi risultati rispetto al 4,93% del 2015, ma ancora insufficienti viste le ampie possibilità che offre il mercato. Infatti secondo i dati dell’osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, nel 2017 i consumi di vino in Cina sono cresciuti del 3% sul 2016 e le importazioni hanno toccato 2,5 miliardi di euro, raddoppiando in valore negli ultimi dieci anni. Dimensioni e prospettive su cui Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere ha commentato: ”Le tre città individuate costituiscono hub strategici per diffondere cultura, storia e lifestyle legati al vino italiano, in ottica di uno sviluppo dei consumi. Il nostro export vinicolo in Cina negli ultimi dieci anni è cresciuto del 50%, ma siamo ancora lontani dai risultati dei competitor.

L’osservatorio Vinitaly-Nomisma stima fino al 2022 un aumento complessivo delle importazioni cinesi di vini pari al 6% annuo e del 7,5% per quanto riguarda le etichette italiane. È questo il bacino di potenziali consumatori a cui dobbiamo puntare, anche grazie al supporto di ICE-Italian Trade Agency, con cui continuiamo a lavorare con profitto nell’ambito del Piano di promozione straordinario del made in Italy”.

Una collaborazione più viva che mai quella in atto ICE-Italian Trade Agency, che tra le altre sue attività sul territorio cinese promuove i corsi di formazione “I love italian wines”, attraverso il quale diffonde la conoscenza del patrimonio ampelografico del bel paese spaziando tra gli oltre 500 vitigni che compongono il vigneto italiano. Quella dei mercati asiatici appare una via che è soltanto all’inizio, ma i segnali per il futuro per ora sembrano molto incoraggianti.

Bruno Fulco


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