La parola ai produttori

Scirocco con Lucìe porta una nuova interpretazione della produzione enologica

Il futuro che poggia su etica, sostenibilità e ambiente

Spesso nel parlare di vini, metodi e territorio una delle parole chiave è “tradizione” molte volte seguita da “innovazione”. La seconda però in molti casi è usata come completamento della prima per far capire che l’Azienda sta al passo con i tempi.

A volte però si verifica il contrario ed è l’innovazione l’elemento di forza per parlare poi di una produzione. É il caso di Scirocco, Azienda che si occupa di agroalimentare etico nata nel 2015 dall’esperienza ventennale come manager dell’agroalimentare di  Samantha Di Laura che si avvale della collaborazione di un’equipaggio tutto al femminile composto da Pia, Claudia e Francesca.

La ragion d’essere dichiarata di Scirocco è quella di creare valore per l’agricoltura siciliana sostenendo produzioni alimentari di alta qualità. I cardini progettuali sono assicurare un compenso dignitoso per l’agricoltore, il rispetto dell’ambiente e ottenere prodotti  che facciano bene a chi li consuma.

Il tutto secondo il concetto di produzione e commercializzazione etica, che come indica l’Azienda nelle pagine del suo sito si rifà alla filosofia Kantiana: “Agisci in modo da trattare l’umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine e mai unicamente come un mezzo”.

In quest’ottica nasce Lucìe vino frizzante integrale, perché come recita il sito aziendale “contiene al suo interno tutti gli elementi che hanno contribuito naturalmente alla vinificazione”. Biologico, vegano, non filtrato e senza solfiti aggiunti, risultato da subito interessante per la critica grazie alla  grande godibilità favorita anche dalla gradazione alcolica non eccessiva.

Le uve impiegate per Lucìe provengono da vigneti di Inzolia di oltre 30 anni situati nella zona di Santa Ninfa nel trapanese, selezionate da Scirocco in base a produttori con cui condividere i valori di etica, rispetto e qualità.

Come tutto il progetto anche per gli impianti si punta al più basso impatto ambientale possibile e per questo si utilizzano istrutture già esistenti. Una chiave di lettura tutta nuova per la produzione di vino e che abbiamo avuto il piacere di approfondire con la fondatrice di Scirocco Samantha Di Laura:

Lucìe incontra il pubblico nel 2020 ricevendone da subito una risposta di grande entusiasmo. Qual è secondo lei la chiave di questa affermazione?

– Mi sono messa nei panni di un ristoratore e ho fatto mio il desiderio di novità e di qualificazione dell’offerta dei vini. Per me non aveva senso offrire l’ennesimo Nero D’Avola o Grillo, volevo presentare qualcosa di nuovo, buono e bello. La risposta è stata più che positiva.Ho chiesto anche a diversi clienti diretti perché continuassero ad acquistare Lucìe; perché è buono e ci fa stare bene è la risposta quasi unanime.

Integrale, biologico, non filtrato e senza solfiti aggiunti. Vino in linea con le attuali tendenze dei consumatori, che guardano sempre più verso la genuinità e godibilità del bere. Tra bio, biologico, biodinamico, naturale ecc., in tempi di “etichette” che valore hanno o devono avere queste definizioni per il consumatore?

 Sono molto importanti e si riferiscono direttamente al concetto di libero arbitrio, libera scelta: i fruitori (non mi piace chiamarli consumatori e, al momento, non ho trovato un termine migliore per definirli) hanno diritto di sapere di cosa si nutrono, quali sono i procedimenti utilizzati per giungere ad un determinato prodotto, così come chi sono le persone che vi stanno dietro. Espressioni come “vino naturale” e “vino vegano” non dovrebbero neanche esistere, tutti i vini dovrebbero essere naturali e vegani. Basta immaginare questo concetto applicato ad un succo di mela: avrebbe senso definire un succo di mela “naturale” e “vegano”? No, perché si da per scontato (o almeno così dovrebbe essere). Solo che produrre vini naturali, biologici e vegani che siano anche di alta qualità non è semplice e non si può certo pretendere di trovarli a prezzi bassi. Lo stesso discorso vale per il vino biodinamico: le persone devono essere informate e libere di scegliere di cosa nutrirsi.

– Ne approfitto per un parere esperto. Secondo lei in Italia questi appellativi quanto corrispondono ad un valore aggiunto e quanto sono poco più di una leva di marketing?

È sempre una questione di forma e sostanza: se dietro a questi appellativi c’è un prodotto realmente buono e sano, allora sono una potente leva di marketing che crea anche un grande valore aggiunto per tutti, per le persone e per il territorio. Se, invece, non c’è sostanza, allora siamo solo nel campo del marketing peggiore, quello che è tutto fumo e poco (o niente) arrosto. E i tempi di quel tipo di marketing sono finiti. Penso, soprattutto, alle nuove generazioni, che cercano sempre meno pubblicità e più informazioni.

La bassa gradazione alcolica di Lucìe è un risultato voluto e dettato dalla tendenza sempre più diffusa a bere vini con meno gradazione alcolica, oppure da caratteristiche quale il momento di vendemmia dell’Insolia o il metodo di vinificazione impiegato?

È un risultato voluto e dettato dalla nostra attenzione alla salute e dalle nuove tendenze di consumo. Naturalmente, vendemmiamo l’Inzolia al momento giusto per avere una bassa gradazione alcolica, meno alcol è più salutare, si sa. La grande professionalità di Mattia poi fa tutto il resto.

Tante le informazioni fornite su questo vino, sempre gradite al consumatore e tra queste figura anche quella dell’apporto calorico. È una scelta che va nel senso della totale consapevolezza del consumatore come anche quella del bere responsabile?

Esattamente, per la salute è importante sapere quanto zucchero si ingerisce e qual è l’apporto calorico dio ciò che bevo. Mettendomi nei panni delle persone trovo corretto informarle esattamente del contenuto di ciò che consumano, senza che ci siano sorprese. Spero, con la prossima produzione di Lucìe di poter mettere in etichetta anche gli ingredienti del vino (uva e lieviti, per esempio).

Scirocco si occupa di creare valore aggiunto per l’Agricoltura Siciliana. In questo senso lavorare con la vigna e con l’uva per la produzione di qualità presenta difficoltà e problematiche diverse o maggiori rispetto ad altre produzioni?

Ogni produzione agricola ha le proprie caratteristiche, quindi la vigna ha le proprie sfide così come altre produzioni agricole (penso all’ortofrutta, alle olive, ecc…). La qualità si fa sempre in campo, oggigiorno ci vuole grandissima professionalità e cultura per essere bravi agricoltori.

Dopo questa felice esperienza ci sono altri progetti enologici in cantiere?

Al momento Lucìe è l’unico vino che ho in programma di produrre anche nei prossimi anni. Più avanti si vedrà, mai dire mai.

Un progetto nato in anni difficili per tutto il comparto della viticoltura e dell’agricoltura in generale. Secondo lei quanto ci vorrà per recuperare il tempo perduto da tutto il settore a causa della pandemia?

Ci vorrà il tempo necessario che impiegheremo a cambiare il nostro modello di vita e di sviluppo. Stiamo lasciando il mercato digitale in mano a USA e Cina, per fare un esempio. Possibile che l’Unione europea non sia in grado di fornire valide alternative che abbiano al centro la qualità e il rispetto per le persone e per l’ambiente? La pandemia ci ha solo mostrato che il re è nudo e ha accelerato molte tendenze che già erano in atto da diverso tempo: il consumo dei vini fermi è in declino da diversi anni, per esempio, e il mercato digitale in crescita da altrettanto. Giusto per toccare due settori differenti che hanno mostrato in maniera manifesta i punti di forza e debolezza proprio a partire dal marzo 2020, ma che già si potevano intuire da tempo.

Se fosse il legislatore quale pensa sarebbe il provvedimento da mettere subito in opera per recuperare il terreno perso e accelerare la ripresa dopo il Covid?

In generale è necessaria una rivoluzione (non una riforma, una rivoluzione copernicana), che permetta alle persone di fare impresa in maniera snella e redditizia, semplificando notevolmente gli adempimenti burocratici e diminuendo il cuneo fiscale, per esempio. Il comparto agricolo e agroalimentare, nella sua interezza, dev’essere al centro dell’agenda politica: non è possibile che gli agricoltori e le imprese agricole siano considerati come l’ultima ruota del carro, quando, invece, sono il carro che ci può permettere di uscire da questa crisi. Come abbiamo visto l’agroalimentare ha retto all’onda d’urto dei lock down e può diventare volano di sviluppo anche per altri settori, come quello del turismo che, anch’esso, ha bisogno di un grande rinnovamento. Mi vengono i brividi quando sento la frase “torneremo come prima”. Possiamo solo essere molto migliori di prima. Indietro non si torna.

Bruno Fulco

 

 

 

 

 


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