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Fipe-confcommercio e controllo del passaporto verde

Dopo tanti dibattiti e tanto vociare sul pro e contro della politica emergenziale per la protezione sanitaria della popolazione, da Fipe-confcommercio riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato.

«Da domani 270 mila bar e ristoranti saranno pronti, pur tra notevoli difficoltà organizzative, al controllo dei green pass dei clienti che consumeranno al tavolo all’interno dei locali.

Non manca tuttavia chi, soprattutto tra i bar, ha scelto di eliminare il consumo al tavolo perché non in grado di garantire il controllo dei certificati.

Ma l’ipotesi di dover controllare anche i documenti di identità viene vissuta con profondo disagio perché rappresenta un atto di sfiducia nei riguardi dei clienti e una forzatura perché gli imprenditori e gli addetti non possono svolgere funzioni da pubblico ufficiale.

“La responsabilità dell’uso improprio del green pass – spiega Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio – non può ricadere sulle imprese ed è per questo che fin dall’inizio abbiamo sostenuto la procedura dell’autocertificazione che è stata alla base di tutte le norme varate nei momenti più complicati della pandemia. Occorre immediatamente mettere mano al decreto legge per correggere una distorsione che le imprese faranno fatica ad applicare”.

Da ultimo va segnalata la difficoltà di quel 40% di imprese che non hanno spazi esterni che si troveranno a respingere i turisti che provengono da quei Paesi che hanno somministrato vaccini non riconosciuti dall’EMA.

Un bel paradosso in piena stagione turistica.»

In una nota precedente, così Aldo Cursano evidenziava il problema:

«Quello che va evitato con tutti i mezzi è che si prevedano deroghe all’obbligo di ingresso con il green pass.

Se il governo ha deciso di utilizzare questo strumento per contenere la circolazione del virus, la norma deve essere applicata in tutti i luoghi in cui si somministrano cibi e bevande.
Senza eccezioni.

Altrimenti, si finirebbe per introdurre una ulteriore discriminazione, penalizzando alcune imprese e favorendone altre.

Questo non può in alcun modo essere consentito. Nello stesso mercato, devono valere le stesse regole».

 

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