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Con un calice di Grillo alla scoperta di un angolo di Sicilia

A pochi passi dalla terra ferma nella laguna dello Stagnone di Marsala,riserva naturale dal 1984, troviamo l’isola di San Pantaleo, meglio conosciuta come Mozia, una colonia fenicia dell’VIII secolo a.C. di importanza strategica per le rotte commerciali nel Mediterraneo. Ricca di significativi reperti archeologici, quest’isola rappresenta un sito produttivo unico, un ecosistema marino legato da sempre alla vigna. Il primo impianto all’inizio dell’Ottocento quando l’area di Marsala divenne oggetto di interesse da parte di inglesi desiderosi di produrre un vino che facesse concorrenza al Porto. Si deve attendere fino al duemila per parlare di un rimpianto del vigneto Grillo, anche se non si esclude la presenza di vigneti in epoca precedente. Dal 2007 l’azienda Tasca di Almerita ha in   gestione dalla fondazione Whitaker, che tutela il patrimonio paesaggistico e culturale dell’Isola di Mozia, i vigneti per far rivivere il “Vino dei Fenici”. Tredici gli ettari di vigneto coltivati ad alberello di cui una parte risalenti all’antica proprietà Whitaker, con reimpianti collegati alle sperimentazioni svolte per anni dall’Istituto della vite e del vino con il grande enologo Giacomo Tachis. Il vigneto segue una coltura di tipo biologico non irrigua , con sistema di allevamento ad alberello, una potatura corta e lunga alla “marsalese”, una densità di 4000 ceppi per ettaro e una resa di 70 quintali, il tutto sotto la tutela della Soprintendenza ai Beni culturali.

A pochi passi dalle saline Ettore e Infersa, con i suoi mulini a vento, sono circa 200 sulla costa e il dedalo di vasche che formano scacchiere irregolari, troviamo Marsala e gli storici stabilimenti vinicoli. Le cantine Florio, costruite in pietra di tufo dall’imprenditore Vincenzo Florio nel 1832, rispecchiano lo stile tipicamente anglosassone dell’epoca, con ampi archi a sesto acuto e pavimento in ”battuto” di polvere di tufo. La visita ci porta indietro nella storia, si inizia dalla sala con i maestosi tini giganti, otto esemplari unici costruiti alla fine dell’800 e ancora utilizzati per l’affinamento del marsala, le affascinanti bottaie, lunghe 165 metri intervallate da ben 104 arcate, sotto cui si allineano 1.400 caratelli e circa 600 fra botti e tini di diversa capacità.

Di particolare emozione la sala di degustazione intitolata a Donna Franca Florio che occupa una superficie di circa trecento metri quadrati ed è arricchita sulla parete di fondo da una scenografica quinta di botti in rovere. Al centro un tavolo in legno di rovere lungo quattordici metri su cui si svolge la degustazione dei vini accompagnata da un sapiente gioco di luci e ombre.

Donnafugata, una delle cantine più rinomate in Italia, gli edifici originali risalgono al 1851 e conservano ancora l’impianto tipico del “baglio” mediterraneo, con una ampia corte interna che ospita piante odorose di agrumi e di ulivi. Più recentemente nel 2007 è stata scavata interamente nella roccia di tufo la barriccaia sotterranea ed un nuovo spazio multifunzionale dedicato alle degustazioni e show-room di tutte le etichette.

 

Piera Genta



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Redazione

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