Tribuna

Sale: l’oro bianco in cucina

Il sale, una concrezione di cloruro di sodio, ottenuto per evaporazione di acqua di mare nelle saline o estratto da cave, è noto all’uomo da sempre, giacché certi giacimenti risalgono a milioni di anni, grazie ai sommovimenti della crosta terrestre che hanno formato i deserti salati sparsi in tutti i continenti a diverse altitudini e le gallerie di sale sull’Himalaya, scrigni al riparo di ogni inquinamento imprigionando nei cristalli un’enorme quantità di oligominerali.

 

I nostri antenati attribuivano al sale della vita valore simbolico e sacrale, parte essenziale di cerimonie religiose, quale simbolo di purezza e sapienza, e dei rituali dell’ospitalità, offrendo pane e sale come vincoli di amicizia. I Romani facevano largo uso di sale sulle pietanze e specialmente sulle verdure, che appunto si chiamano “salate”, e ne attribuivano un tale valore che i soldati ricevevano una razione di sale giornaliera, dando origine al termine di salario e la Via Salaria era il percorso principale dei commerci salini dal porto di Ostia. Nel corso dei secoli sul sale vennero imposte tasse e gabelle e il controllo delle saline ha scatenato guerre e insurrezioni, dobbiamo pensare che il sale ha notevole proprietà di conservazione degli alimenti, proteggendoli dalle alterazioni.

Gettare per terra il sale era segno di disprezzo e di cattivo auspicio, infatti i Romani lo spargevano tutto intorno al perimetro delle città conquistate e rase al suolo, affinché non vi crescesse più nulla. A questo motivo è legata la superstizione del sale incautamente versato, a cui si rimedia gettando tre pizzichi dietro la schiena. Ancora oggi perdura la credenza che sale ha la funzione di allontanare il demonio e il malocchio, e sparso nei quattro angoli della casa protegge come un talismano.

 

Il Galateo rispecchia questi atavici convincimenti: il sale non si tocca con le dita ma si prende con la punta del coltello, non si passa la saliera tra i commensali, ma ognuno si serve da sé. Inoltre se si mette in tavola sia il sale sia il pepe, il sale bianco e puro sta a destra e il pepe nero a sinistra, il lato nefasto e impuro.

Se un tempo le saliere in tavola erano simbolo della ricchezza della casa e gesto di fiducia ed amicizia verso gli ospiti, presentarle oggi sulle mense eleganti è considerato out. Anche richiedere il sale è visto come un gesto scortese, come a criticare il cibo insipido e la inadeguatezza della cuoca.

Tuttavia i moderni chef hanno scoperto anche la funzione decorativa del sale, utilizzando le svariate tipologie esistenti al mondo, commercializzate a caro prezzo, non solo per salare i cibi bensì per decorare le pietanze nel piatto: così vanno di moda i sali colorati, rossi, rosa, arancione, blu, grigi e neri, e quelli aromatizzati, all’aceto, al limone, affumicati. In una gamma di scelte adatte a carni e pesci alla griglia o arrosti, su verdure, ortaggi, patate, antipasti, negli aperitivi, avendo ognuno capacità diverse di insaporire i cibi, per il contenuto di minerali e la consistenza, un differente sapore e uno speciale effetto scenografico.

Il detto «essere dolce di sale», riferito ad una vivanda insipida e rivolta in senso ironico verso una persona insensata e sprovveduta, potrebbe non essere più usata nell’accezione negativa, perché si è scoperto che è una vera leccornia il coccolato salato.

donna Maura
m.sacher@egnews.it


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