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Riso Amaro, ma i propositi sono buoni

Non si ferma la pericolosa e tossica invasione di prodotti a bassissimo costo che stanno inondando le nostre tavole e i nostri punti vendita di alimentari.

L’ultima perla in ordine di tempo è costituita dal riso importato soprattutto dall’India. I coltivatori italiani di eccellenza che sono messi in difficoltà da questo prodotto di bassa qualità e scarsa sicurezza alimentare sono molte migliaia.

Moltissime le aziende agricole italiane che hanno visto scendere del 66% l’offerta del prezzo di acquisto del loro eccellente prodotto negli ultimi mesi.

Le grandi società che comprano il riso per commercializzarlo con i propri marchi si fanno forza dei prezzi da fame che pagano al prodotto che arriva dall’Asia.

E così sono a grande rischio imprese centenarie, posti di lavoro e qualità autoctone uniche e non ultima la salute dei consumatori. In tantissime nazioni fuori dall’Europa, ed in particolare in Asia ed Africa, vengono tollerate pratiche di coltivazione attuate con sostanze tossiche proibite da anni in Italia. E non si capisce perché la UE abbia autorizzato l’importazione dall’Africa di alimenti dei quali non sarebbe possibile la commercializzazione se prodotti nella UE.

La motivazione addotta è di aiutare le economie di paesi emergenti. Arriva quindi olio di bassa qualità e bassa salubrità, frutta e verdura inquinata da pesticidi.

E da Cina, India e Vietnam vengono importati pesce e pomodori da non comprare assolutamente. Perfino il peperoncino di eccelsa qualità simbolo dell’Italia del Sud sta per essere soppiantato da quello thailandese.

Il più attivo nel mandare prodotti di dubbia sanità con fragole, arance e melograno, quello della bellissima poesia di Giosuè Carducci è l’Egitto.

Il Vietnam fornisce pure prezzemolo e riso oltre al famoso e famigerato ma assai economico pesce Pangasio, allevato in modo industriale nelle acque inquinate del Mekong, l’India il basilico, il Marocco olio e menta, la Tunisia olio e arance, broccoli dalla Repubblica Popolare Cinese.

Dal Sud America arrivano cocomeri e meloni a prezzi talmente stracciati che costringono i produttori italiani a lasciare marcire le loro gustose cucurbitacee nei campi.

Il nostro farraginoso governo tramite il ministro dell’Agricoltura promette di varare un provvedimento per apporre l’indicazione di origine nelle etichette delle confezioni di riso. Ma quanto ci vorrà?

E la UE avrà da ridire?

Nel frattempo quante aziende agricole saranno costrette a chiudere i battenti?

La globalizzazione tanto auspicata da manipoli di politici con la motivazione che permette a (quasi) tutti di poter usufruire di tutti i prodotti tutto l’anno si sta rivelando un colossale affare per i grandi gruppi transazionali, gli speculatori senza scrupoli ed i contraffattori. La contraffazione costa purtroppo all’Italia circa 60 miliardi di euro all’anno, questo perché ha il più alto numero di prodotti DOP e IGP certificati su tutto il pianeta e queste unicità fanno gola in tutto il mondo.

L’ Emilia Romagna è la regione che ha il primato di eccellenze e probabilmente il primato di imitazioni e falsificazioni.

Il rischio di minare irrimediabilmente la sostenibilità delle produzioni per l’alimentazione terrestre è sempre più reale. Quindi quando e’ possibile si deve leggere attentamente l’etichetta apposta sulle confezioni e in caso di mancanza della stessa se non si conosce e ci si fida del negoziante è consigliabile non acquistare il prodotto.

Nei grandi e meno grandi centri commerciali di solito le referenze in esposizione e vendita hanno etichette e diciture o sono rintracciabili coloro che le hanno confezionate. I globalizzatori stanno veramente distruggendo un patrimonio di profumi, gusti, sapori, sensazioni ed emozioni costruito nei decenni in nome del profitto più bieco.
Umberto Faedi


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Redazione

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