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I vignaioli possono fare vino o devono studiare informatica?

Hanno ancora qualche mese di tempo le aziende del settore vitivinicolo per dematerializzare i loro registri di carico e scarico.

Siamo nell’era del dominio del digitale più evoluto, quindi, come sottrarsi alle sue applicazioni più avanzate? Il cartaceo non serve più, si fa troppa fatica a scrivere e se ne fa ancora di più a leggere. E poi, quanto spazio per conservare i registri e i faldoni, e che perdita di tempo catalogarli e andarli a recuperare quando c’è l’ispezione! Meglio usare la digitalizzazione, che con la telematizzazione agevola il controllo dei dati.

Un Decreto del Mipaaf del 2015 stabilisce, ovviamente in conformità con la normativa europea, le modalità in forma telematica della tenuta dei registri nel settore vitivinicolo e delle relative registrazioni, con il miraggio dell’eliminazione della ‘fastidiosa’ vidimazione preventiva dei registri cartacei. Questo registro telematico sarà tenuto in formato elettronico dal SIAN (Sistema Informativo Agricolo Nazionale), il quale – a distanza – controllerà tutto ciò che avviene in azienda: quanta uva hai raccolto, quante vasche e botti hai, quante bottiglie ne ricavi, quanti tappi usi, a chi vendi (o regali?). Tutte le operazioni di cantina e le movimentazioni dei fornitori/destinatari dovranno essere annotate, capillarmente e contestualmente.
L’occhio del Grande Fratello entrerà in ogni cantina.

La spacciano per un “deciso taglio alla burocrazia” e “semplificazione della vita di migliaia di aziende” con l’eliminazione di circa 65 mila registri cartacei. Che sia un risparmio di tempo e fatica per le aziende, come vogliono far credere, specie le più piccole, quelle a storica conduzione familiare, quelle dove la realtà prevalente può essere di un titolare senza elevati diplomi di studio ma un’enorme conoscenza di ogni palmo del suo terreno e di ogni palpito dei suoi filari, è tutta un’altra campana.

Le istruzioni sono contenute in centinaia di pagine, e queste sì sono carte che si devono leggere e conservare. Le procedure sono alquanto complesse innanzitutto per l’iscrizione al SIAN, e se non si è in possesso di un attestato almeno di primo livello in informatica è un bel pasticcio districarsi. Soluzione? Ingaggiare un esperto. Chi paga le prestazioni? Tutto sulla gobba degli imprenditori, e quelli piccoli come faranno?

Di fronte alle novità e alle solite pretese calate dall’alto, in ogni campo della nostra vita, è sempre più vivo il sospetto che “Qualcuno”, o meglio un “gruppetto” di ‘Qualcuno’, applichi un piano a lungo termine per far proliferare le ditte e le compagnie che si offrono come ‘leader’ nella produzione e vendita di strumenti elettronici e prodotti software. Quel “gruppo di qualcuno” lassù in Europa ha pensato così di incrementare il mercato del lavoro?
Eh, già, quello a tempo determinato con lo sfruttamento dei giovani, retribuiti a voucher, se gli va bene, altrimenti in nero, alla faccia del job act.

E intanto, un capestro in più per i piccoli imprenditori.
Ma il nocciolo è: chi può trarre vantaggio da questo controllo a distanza?

Maura Sacher


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