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A caccia di emozioni: la scoperta del Negroamaro

Se sei un winelover e sei a caccia di nuove emozioni non solo gustative, il Castello di Copertino in provincia di Lecce, non Cupertino nella Silicon Valley in California, è un luogo che ti potrebbe interessare. Copertino, importante  centro della penisola salentina,  angolo estremo della Puglia, racchiusa tra Ionio e Adriatico, ha dato i natali a San Giuseppe da Copertino, conosciuto come il santo dei voli, a due componenti della rock band dei Negroamaro ed al cantante Adriano Pappalardo. IMG_3733

Il Castello è una delle più grandi fortezze della Puglia, progettato dall’architetto Evangelista Menga nel XVI secolo,  circondato dal fossato,  si entra attraverso un portale di gusto catalano-durazzesco, la sorpresa sui camminanti. Lungo il  perimetro tra rose e fichi di India, dall’aprile scorso dimorano 100 alberelli di Negroamaro cannellino, cultivar dall’acino piccolo e dalla precoce capacità di maturazione riscoperta in anni recenti,  con disposizione dei filari a quinconce, un impianto già anticamente utilizzato dai Romani che oltre ad avere una funzione estetica sfrutta al massimo il terreno disponibile. Non una stranezza dei giorni nostri, comprovate fonti documentali parlano di un giardino pensile coltivato ad agrumeto, oliveto e vigneto dalla nobile famiglia Belmonte nel 1800. Questo ha convinto la Soprintendenza dei beni architettonici e paesaggistici di Lecce e la direzione del Castello sulla fattibilità del progetto della cantina Cupertinum “Il vigneto sul Castello”.

Siamo nel cuore del Parco del Negroamaro, un progetto che coinvolge 26 comuni in un’areale di antiche tradizioni agricole con lo scopo di tutelare il paesaggio rurale, valorizzare e promuovere la viticoltura del Nord Salento e del suo vissuto.

Negroamaro

Sul nome Negroamaro, tante teorie, quella più accreditata l’unione di due parole, una latina niger ed una greca mavros,  un rafforzativo di nero che sta a sottolineare le caratteristiche del vino: un rosso rubino molto intenso, profondo quasi impenetrabile che porta in sé le peculiarità del territorio:  sole, vento e colori forti. Vitigno autoctono dalle antiche origini greche che si è perfettamente acclimatato su tre zone di produzione che danno vini con caratteristiche diverse: la zona adriatica  confina a nord con Brindisi ed arriva fino a Mesagne risente dell’influenza dei venti e del mare, i vini sono strutturati, molto austeri; la zona centrale quella del Salice Salentino dal colore meno intenso, vini più equilibrati e la zona jonica in cui si distingue la Doc Copertino, la cui storia si lega alla Cantina sociale di Copertino.  In attesa del primo brindisi con vino, frutto dell’uva dell’unico vigneto pensile d’Europa, andiamo a soddisfare le nostre curiosità sul Negroamaro visitando alcune aziende produttrici che aderiscono al Movimento del Turismo del vino di Puglia.

La Cantina sociale Cupertinum nata nel 1935, oggi con 300 soci presieduta da Francesco Trono,  circa 400 ettari coltivati con il tradizione sistema ad alberello  ed una produzione di vini di qualità, che non sfuggono all’attenzione delle guide, frutto anche di un attento lavoro dell’enologo Giuseppe Pizzolante Leuzzi.

Cantele nell’agro di Guagnano,  la  storia di un sogno, quello di Teresa Manara,   ha inizio negli anni ’50 con un  lungo viaggio partito dal Veneto ed approdato in Puglia.  Imbottigliatori fino agli anni Novanta,  quando iniziarono ad acquistare i primi ettari di proprietà, oggi in azienda lavora la terza generazione. In un laboratorio dedicato alla ricerca della multisensorialità dei visitatori, si possono degustare i loro vini accompagnati da prodotti del territorio.

Cantele, le orecchiette

Piccola e splendida la Cantina Moros, nata dal recupero di un vecchio opificio, nella sala convegni della cantina un  murale di Ercole Pignatelli, terzo e ultimo tassello della trilogia “Germinazioni”. 2012 primo anno della vendemmia di Claudio Quarta, biologo, affiancato dalla figlia Alessandra. Di impatto la bottaia ipogea, ricavata nelle vecchie cisterne per lo stoccaggio del vino, accoglie un piccolo “museo” di reperti archeologici, per la maggior parte legati alla cultura del vino, risalenti al periodo magno greco in cui affondano le radici della storia salentina.

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Feudi di Guagnano, una suggestiva cantina in un vecchio palmento, nata ad opera di cinque giovani imprenditori per salvare  dall’abbandono alcuni vigneti ad alberello di Negroamaro, alcuni di essi come quello da cui si ottiene il “Nero di velluto” hanno oltre 75 anni di età. Utile sia allo scopo turistico che a quello della conoscenza dei prodotti  la loro iniziativa “Ben bevuto nel Salento” in collaborazione con alcune strutture ricettive.

Castello Monaci a ridosso del Castello, in realtà dal 1482 era un monastero di monaci basiliani e diventato castello nell’800 quando venne acquistato da una famiglia francese della Borgona. La tenuta, una bassa costruzione di tufo,  si raggiunge percorrendo un viale di eucalipti che divide i 150 ettari di vigneti.  Fa parte del Gruppo Italiano Vini. All’interno di quella che una volta era la cantina di primo stoccaggio sono conservati reperti che testimoniano la vita agricola e gli storici utensili di produzione del vino in Salento intorno alla metà del Novecento.

Tenute Mater Domini  nascono nel 2003 nel cuore del Parco del Negroamamro  dalla sintesi di un progetto imprenditoriale di Pierandrea Semeraro, orientato alla valorizzazione delle risorse agroalimentari del territorio salentino. L’azienda è divisa in due corpi fondiari principali: Masseria Casili riservata alla produzione di bianchi e rossi e Masseria Fontanelle, centro operativo dell’azienda agricola,  riservata alla produzione di rossi e rosati.

Leone de Castris a Salice Salentino, vitivininicoltori dal 1665, una delle cantine storiche d’Italia che possono raccontare la storia del vino pugliese. Nel 1943 nasce il Five roses, primo rosato ad essere imbottigliato e bandiera aziendale. La storia della cantina vive nel Museo del vino inaugurato nel 2009 e l’innovazione nel nuovo Winebar dedicato proprio al rosato per eccellenza.

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Paolo Leo viticoltori in San Donaci da cinque generazioni che hanno contributo alla sua crescita aggiungendo pezzi di storia.  25 ettari, una cantina moderna in cui si respira la passione e l’impegno nel proseguire il percorso di valorizzazione della qualità e del territorio.

Cantina Due palme, cantina cooperativa nata nel 1989 da una idea di Angelo Maci, terza generazione di viticoltori, riconosciuto come l’ambasciatore del Negroamaro nel mondo, 1000 soci conferitori, 2200 ettari di vigneti dislocati tra le province di Brindisi, Taranto e Lecce, una produzione di circa 10 milioni di bottiglie, una trentina di referenze, di cui l’80% esportato in Europa, negli Usa e in Cina.

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Masseria Altemura  situata nell’Agro del territorio di Torre Santa Susanna e di Oria si estende per circa 320 ettari, di cui 130 a vigneto, tra le 9 tenute dell’universo Zonin, questa è la più giovane, acquistata nel 1999 dai conti Carissimo Martini ed inaugurata nel 2012 dopo un restauro che ha rispettato l’architettura originaria e l’ambiente circostante.

Attualmente l’utilizzo del Negroamaro è previsto in 14 delle 28 Dop pugliesi in diverse tipologie che accompagnano i saporiti piatti della cucina di tradizione dalle radici greche e bizantine, provenzali e spagnole, arabe e balcaniche: pittule, friselle, burrate, orecchiette, ciceri e tria, polpette e braciole.

Da non dimenticare che il Salento con oltre dieci milioni di alberi d’ulivo, una buona parte secolari, costituisce una delle aree olivicole più importanti al mondo. Dolce e delicatamente frutttato l’olio della Ogliarola leccese e con sapore più deciso quello Cellina di Nardò le due cultivar del territorio. E per comprendere l’importanza di questo prodotto nella storia del territorio merita una visita ad uno dei tanti frantoi ipogei, scavati nel tufo,  che conservano la semplice e rudimentale attrezzatura.

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Piera Genta

 

 

 

 


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Redazione

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